mercoledì 18 settembre 2013


GESUITICHE  OMBRE  E  LUCI

da "Il Foglio", 19 settembre 2013

Il 6 aprile 1850 vedeva la luce, a Napoli, il primo numero de “La Civiltà Cattolica”, il quindicinale fondato dal gesuita padre Carlo Maria Curci per difendere la Chiesa dagli assalti delle nuove idee che a quella civiltà ne contrapponevano un'altra, impastata di illuminismo, liberalismo e  massoneria. Era redatto in italiano, puntava al massimo di diffusione. Trasferito a Roma per sottrarlo alla censura borbonica, divenne la voce sia pure non ufficiale della Santa Sede. La sua ideologia antiliberale nutrì un'aspra campagna - ricambiata con tanto di interessi - contro la formazione dello stato italiano. Quando i bersaglieri entrarono in Roma la sua pubblicazione venne sospesa. Riprese nel 1871 a Firenze, dove restò qualche anno. Tra i collaboratori, quel Padre Antonio Bresciani che Francesco De Sanctis descrisse come “uomo di poco ingegno e di volgare carattere, senza fiele, senza spirito...”; che, ”se fosse rimasto nel secolo sarebbe riuscito un uomo dabbene, lodato da tutti perché non invidiato da nessuno […]; la mala ventura lo ha fatto capitare tra i gesuiti; ed ha dovuto partecipare ad atti e maneggi, ai quali non è chiamato né dal suo ingegno, né dal suo carattere; vestirsi di passioni che non sente; imparare a mentire, a calunniare, a malignare, ad odiare...”. Ma il  ricordo del poveretto è soprattutto legato al giudizio che di lui diede Antonio Gramsci. Nei suoi "Quaderni", il brescianismo e i “nipotini di padre Bresciani” sono bollati come portatori di una "letteratura tutta verbale e di nascosti o manifesti spiriti reazionari".  La “Civiltà Cattolica" fu in Italia lo strumento principale della polemica contro le idee della modernità. Ma i gesuiti furono sempre - non solo in Italia -  una spina nel fianco dei grandi poteri mondani. Volevano condizionarli, "ad majorem Dei gloriam", dalla scuola fino alla tomba e, possibilmente, all'alcova. L'assolutismo monarchico non poteva tollerare questa concorrenza, nella seconda metà del XVIII l'ordine fondato dal Loyola fu espulso da vari paesi europei e quindi, nel 1773, soppresso e sciolto da Papa Clemente XIV. Fu ricostituito, nel 1814, da Papa Pio VII.
Anche se erano monaci, la Costituzione dell’Ordine esentava dalla regola della clausura i suoi membri, spinti anzi ad agire “nel mondo” ed incoraggiati a non indossare l’abito talare, cosicché fosse più facile per loro mescolarsi alla più variopinta umanità. Nel 1545 una Bolla di Papa Paolo III Farnese consentì ai gesuiti di predicare, confessare, dispensare i sacramenti e dire messa senza dover fare riferimento a un vescovo – collocandoli quindi al di fuori del controllo del clero regolare, ad ogni livello. Il potente Alessandro Borgia favorì il conferimento di una tale quantità di poteri a vantaggio del Superiore Generale dei gesuiti da renderlo secondo, in una ideale gerarchia, solo al Papa. Verrà chiamato il Papa nero". Wikipedia: "a partire dalla Costituzione del 1565 (in vigore anche oggi), il Superiore Generale può assolvere i suoi sacerdoti da tutti i loro peccati, anche dal peccato di eresia, di scisma e di falsificazione di scritti apostolici. Inoltre, al Superiore Generale, dai tempi di Borgia in avanti, fu attribuito il potere 'ufficiale' [...] di annullare sentenze di scomunica, di sospensione o di interdizione, e anche di assolvere sacerdoti gesuiti colpevoli di omicidio e di bigamia". Affidabile o meno che sia l'informazione, i seguaci di Loyola si attirarono sempre addosso diffidenze, malevolenze, persino odi profondi. Diciamo che se le cercavano: tendevano ad insediarsi come precettori dei rampolli dell'aristocrazia e delle stesse monarchie, tesserono intrighi, fecero e disfecero a loro piacimento nelle cancellerie e nelle segrete degli Stati, il grande Pascal scrisse un capolavoro per denunciarne vizi e magagne; ancor oggi dire a qualcuno che è un "gesuita" è un'offesa, vale come dire che è - quanto meno -  un ipocrita. Ambigui nel giudizio sul fascismo, non fu loro estraneo l'antisemitismo (ma non in chiave razzista).
Però, all'epoca della conquista spagnola dell'America meridionale, i gesuiti insorsero in difesa degli indios, ammonendo che erano anche essi uomini, avevano un'anima, e pertanto non potevano essere trattati brutalmente come stava invece accadendo, con l'assenso di autorità e clero. Nelle missioni gesuite nel Paraguay - le "Riduzioni" - gli indios ebbero una possibilità di trattamento umano e di incivilimento. Vennero boicottate dai coloni, sfruttatori avidi e senza coscienza.
Ho conosciuto da vicino un gesuita. Era inglese, zio di mia moglie. Era un fior di reazionario, considerava il Concilio Vaticano II opera del demonio. Aveva trascorso quasi tutta la vita nelle foreste del Centro America, missionario tra gli indios. Sapeva che io non ero sposato, ma solo convivente con sua nipote, e tuttavia quando era a Roma accettava di venire a cena da noi. Come ho già raccontato su queste pagine, una volta nell'uscire ci chiese il regalo di una mela, che infilò nella tasca di una stazzonata veste talare. Quando fu sulla porta di casa si girò, ci chiese il permesso e ci benedisse con un gran segno di croce.



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