giovedì 23 gennaio 2014





                                                                            


                                                     ATEISMO ALL'ATTACCO
                                                                 dal "Foglio"


Azzardo: nessuno, forse, ha bisogno di Dio quanto l'ateo. L'ateo lotta contro Dio, ma perché questo gli sia possibile è necessario che vi sia Dio: l'ateo cerca di scalzarlo dal suo trono maestoso, ma se si dedica con impegno a questa bisogna è perché vede, anzi è acciecato dal fulgore di quel trono. L'iconoclasta si scaglia contro l'immagine da cui emana potenza e potere, sovente lo fa perché cupido di impossessarsi  di quegli attributi. Nella sua furia, non si rende conto che probabilmente è lui stesso a farla risplendere. Quanto meno vi coopera. Con qualche analogia, lo sforzo dell'ateo conseguente è di costruire, o tentar di costruire, una logica, una spiegazione, una architettura del mondo che sia plausibile senza che si debba ricorrere all'intervento divino. Per i credenti il mondo è senz'altro - come potrebbe essere altrimenti? - l'opera vera, bella e buona di una intelligenza creatrice; per l'ateo, il mondo è il prodotto di una forza o un complesso di forze che si autogenerano ed operano in base a neutre leggi naturali. Il curioso è che i duellanti parlano dello stesso mondo, l'unico che c'è e di cui si possa parlare: non cambierebbe nel momento in cui si accertasse definitivamente la sua origine, e si individuassero la o le sue cause prossime e lontane: creato da Dio oppure frutto del caso, il mondo è questo così com'è. Dunque la disputa  pare del tutto ininfluente. Se presentata in altro contesto culturale, sarebbe addirittura incomprensibile.

La polemica dell'ateo contro Dio e le religioni resta però interessante ed anzi interessantissima, se messa a fuoco e letta nell'ambito della cultura che soprattutto la ospita e la fomenta: in definitiva la nostra, quella greco-cristiana. Le ragioni dell'ateo si inseriscono profondamente in questa storia: vogliamo dire a partire da Gorgia o piuttosto dall'immenso Lucrezio? Ciascuno si scelga gli autori che vuole, tutti comunque potranno trovare molto utile la lettura di un'opera interamente dedicata a questa vicenda culturale e apparsa ora in libreria: "Ateismo e laicità", primo volume di una raccolta di "studi sociologici" curata da Phil Zuckerman per le edizioni "Ipermedium" di Antonio Cavicchia Scalamonti. Phil Zuckerman è docente di sociologia al Pitzer College di Claremont, California, e si occupa specificamente di questo ambito tematico - la secolarizzazione, l'ateismo, l'apostasia, etc. - "che inspiegabilmente ha finora attratto scarsa attenzione da parte degli studiosi". Nella sua ricca introduzione, Scalamonti sostiene che "L'Essere", cioè il soggetto noumenico, metafisico, in cui si identifica la figura di Dio è semplicemente la "sostantivizzazione" dell'infinito di un verbo, quale si incontra nella grammatica greca classica. Un "errore", insomma. Non so se si possa definirlo un "errore", certo è che su "l'Essere" si è fondata quasi integralmente la filosofia e la speculazione dell'Occidente. Forse persino la società. Se fosse un errore, dovrebbe essere facile smontarlo. Invece il confronto con l'ateo non ha confini né termine, come ci dimostrano molto bene proprio le pagine in questione, a partire dal saggio di Jack David Eller, "Cos'è l'ateismo", una carrellata tra le diverse definizioni (o connotazioni) che il termine ha avuto nel tempo e presso le varie situazioni culturali. Interessanti anche i saggi che esplorano il rapporto dell'ateismo con la famiglia (Christel Manning) o la sessualità (Thomas J. Linneman e Margaret A. Clendenen) volti  (come peraltro tutto il libro) a smantellare e sfatare pregiudizi e incomprensioni che gravano sull'ateo. "Vi fidereste di un ateo?", si chiede Benjamin Beit-Hallahmi, rivisitando le diverse declinazioni di una convinzione che ha sicuramente un largo credito sociale, e cioè che "gli individui che rifiutano tutto ciò che è soprannaturale", gli atei, "sono stati a lungo considerati moralmente sospetti". Tra quanti hanno avallato questa credenza l'autore cita figure eminenti, come John Locke: "le promesse, i patti e i giuramenti, che sono legami della società, non possono fare presa su un ateo" (già, ci eravamo dimenticati che, in molti paesi, nei tribunali il testimone deve giurare tenendo la mano sulla Bibbia, come fa del resto anche il Presidente degli Stati Uniti all'atto dell'insediamento). Inevitable la citazione del Dostoevskij dei "Fratelli Karamazov": Mitja racconta ad Alioscia della sua conversazione con l'ateo Rakitin: "Ma che ne sarà degli uomini allora, gli ho chiesto, senza Dio e senza la vita immortale? Tutto è lecito quindi, possono fare ciò che vogliono?" "Non lo sapevi", ha detto ridendo, "un uomo intelligente può fare ciò che vuole...".

Approfondire le tesi o la vastissima documentazione di questo libro sarebbe impossibile, dovrei limitarmi a citazioni un po' aneddotiche. Ma lo conserverò nella mia biblioteca perché può darmi informazioni preziose, anche se debbo ribadire che non trovo convincente certe sue tesi assiomatiche, un po' troppo - come dire? - impregnate di un fideismo ateo che a me, laico, non convince.

Nessun commento:

Posta un commento