I RADICALI
VERSO IL CONGRESSO DELLA VERITA’
Da “L’opinione”, 20/07/2016
La polemica divampa, dilaga sulla stampa, invelenisce ogni giorno di più gli animi di
quanti siano interessati alle sorti dell’eredità (e degli ereditieri) di Marco Pannella. Forse, finalmente, potranno veder soddisfatta le loro curiosità.
Dal 1° al 3 settembre prossimo si terrà il
Congresso (40°, straordinario) del Partito Radicale Nonviolento Transpartito Transnazionale e in quella sede
si tireranno le somme, a partire dalla querelle che divide eredi veri e presunti del messaggio
pannelliano. Voleranno gli stracci del
gossip amati dai giornalisti, ma è sperabile che nell’ (insolita) aula
congressuale possano volare anche idee, progetti, visioni, utopie adeguate a quel
grande messaggio. Chi vivrà, e andrà al Congresso, vedrà. Vedrà anche altro: il Congresso offre, al di
là delle contese ereditarie ai loro vari livelli, anche un pizzico di novità. Si terrà infatti nel carcere romano di Rebibbia. A parte due
bellissimi convegni di studio su Ernesto
Rossi tenutisi anni fa nel carcere di Pallanza, dove Rossi fu a lungo recluso ma che ora è stato trasformato in Scuola Superiore
per le guardie carcerarie, è la prima volta in assoluto, credo, che il
congresso di un partito si tiene in un luogo di pena.
Per me, entrare a Rebibbia
non sarà una novità, avevo visitato quelle celle come deputato,
esercitando un mio diritto istituzionale riesumato nella prassi da Marco
Pannella e dai suoi radicali. Ovviamente, l’autorizzazione al congresso è stata concessa, dalle autorità preposte,
proprio in omaggio a Marco Pannella e alla sua appassionata attenzione ai problemi dei carcerati e di
tutti coloro le cui vite gravitano attorno al carcere.
Ormai è di dominio pubblico la spaccatura verticale che da
tempo lacera la “galassia radicale”. Al di là di possibili intrighi
sotterranei volti all’impossessamento
della sigla “radicali”, allo scatenamento di ovvi interessi personali e particolari, ecc., lo scontro è -
o dovrebbe essere - politico. E pertanto dovrebbe interessare molto l’opinione
pubblica, e i mezzi di informazione che la orientano. Da sempre, l’iniziativa
politica radicale ha messo in atto, con le sue sfaccettature teoriche e di
prassi, eventi centrali per l’intera società, non solo
italiana. Le battaglie pannelliane hanno spaziato dall’Europa al Tibet, dai
Montagnard all’Iraq fino a Mosca o all’ONU, non sempre amata ma riconosciuta
come fulcro importante dello scenario politico mondiale. Lungo questi scenari,
i radicali di Pannella hanno saputo cogliere i problemi dell’attualità e dar
loro una risposta, comunque dare loro una attenzione altrimenti negata. Ora che
è scomparso, a Marco Pannella viene dato il riconoscimento di eccezionale lungimiranza. Ma non si riesce a (o non si vuole) cogliere il nocciolo profondo
del percorso da lui tracciato .
Sapranno i suoi eredi
essere all’altezza? Lo scontro che avverrà a Rebibbia dovrà fornire la
risposta. Da una parte ci sono quanti intendono mantenere dritta la barra sulle
ultime indicazioni pannelliane, sdipanate lungo un asse non casuale, anzi
estremamente coerente: la lotta per una giustizia giusta ed efficiente; per una
riforma, quindi, delle istituzioni giuridiche e carcerarie a partire
dall’amnistia e dall’indulto invocati anche, dinanzi alle massime autorità e istituzioni italiane, da Giovanni
Paolo II e da Francesco; per un “diritto” che riconosca i “diritti” di una
umanità che si proietta su percorsi antropologici globalizzati, fino a ieri sconosciuti, in una comunità
internazionale sempre più in debito di democrazia e a rischio di implosione irreversibile;
e infine, per l’ultimo tema individuato da Marco con strabiliante
intuizione e modernità, il diritto “umano” alla conoscenza, un diritto tornato
almeno per qualche ora sulle prime pagine dei giornali a seguito delle risultanze
della Commissione Chilcot, voluta dal governo britannico per far luce sulla
guerra voluta da Bush e Blair.
Questi, a mio avviso, i temi urgenti (e coerenti) su cui Pannella
si è tenacemente tenuto stretto e cui il Congresso dovrà dare una risposta. Non
sarà facile né automatico che ciò accada,
soprattutto per l’opposizione che ci è coagulata attorno alla sigla di
Radicali Italiani, un nucleo di forte resistenza e rifiuto di queste priorità.
C’è in loro un abbagliamento, una sorta di cecità che nasconde, nega alla
radice le tematiche che furono care a Pannella. Si guarda piuttosto, con malcelata invidia, alle esperienze
grilline portatrici, ad avviso di questi contestatori, di successi numerici ed elettorali. Per colpire l’eredità
di Marco Pannella si invoca il ritorno ad una normalità statutaria che
cela la volontà di una “normalizzazione” politica ed ideale.
La decisione di tenere il Congresso - dopo anni di forzata
e sofferta “messa in mora” del dettato statutario che prevede un congresso a scadenza fissa
- è stata resa possibile grazie ad una
iniziativa che lo Statuto comunque prevede, la raccolta delle firme necessarie per la tenuta
del Congresso da parte di un terzo degli iscritti al Partito da almeno sei
mesi. E’ stata una decisione difficile, contestata a lungo da Radicali Italiani
che aveva invece caldeggiato la convocazione
di una assemblea con potestà deliberative del “Senato” del Partito, un
organismo dalla vita inconsistente come molte delle norme statutarie, vittime
di una lunga stagnazione del Partito. Dopo
una tenace opposizione, Radicali Italiani ha finalmente preso atto, con la mozione
votata nell’ultimo Comitato Nazionale (svoltosi a Roma nei giorni scorsi) della legalità della
convocazione. Dunque il Congresso si terrà – a meno di ripensamenti, di pressioni o
di colpi di mano – nel carcere di Rebibbia. Lì, sgomberato il campo da questi capziosi incidenti
procedurali, si vedrà chi vuole davvero proseguire una lotta politica iniziata
mezzo secolo fa in nome del “diritto
alla vita” e alla “vita del diritto”. Penso di conoscere abbastanza questo
lungo cammino. C’ero dall’inizio.
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