Giulio Braccini
Introduzione
a
“Sette
donne” di Angiolo Bandinelli
Sette
donne per otto racconti. Quando si richiamano alla memoria i nomi dei
sette nani, ce n’è sempre uno che manca all’appello, ma qua ce
n’è uno in più, e la ricerca dell’intruso – maschio o femmina
che sia – farà parte dei vostri piaceri di lettori.
Ma
attenzione, perché qua, il più delle volte, si parla di piaceri
frustrati, di desideri (maschili) insoddisfatti, e di oggetti
(femminili) del desiderio - tanto perplessi del loro ruolo che li si
potrebbe sentir chiedere (come le parole delle poesie di Montale):
“Che stiamo a farci?” Lo sguardo del maschio, in queste pagine, è
la penna di uno scrittore che non si nasconde e anzi gioca a
moraleggiare in lunghi periodi che parlano di ciò che vedono (donne)
ma che ci dicono soprattutto il colore dell’iride che scruta, degli
occhi che indugiano sui corpi delle passanti.
E
cosa fanno, le passanti che hanno la ventura di entrare nel campo
visivo di Bandinelli? Si guardano allo specchio, per esempio, e quasi
mai si riconoscono (la figlia della madre austera è una sorta di
Vitangelo Moscarda in gonnella, anzi senza); cercano forse di capire
o empatizzare con chi le guarda e magari per questo le ama (e ne
chiedono conto al maschio di riferimento, il padre, in riva a un
lago); si interrogano su cosa sia il pudore (se ce l’hanno, al
contrario della “star”) e di solito, se si rispondono, non ci
svelano l’arcano (come l’amica dell’amico). “E non sono mica
puttane. Usa così”: è un grido di dolore.
Chi
ha familiarità con la produzione bandinelliana (penso soprattutto ai
suoi versi) ne riconoscerà temi e tratti stilistici: la presenza
costante di una sessualità mai pacificata, la capacità di “rottura”
ironica o addirittura sconcia del tono aulico. Ma siccome stiamo
parlando di un autore tecnicamente “maledetto”, bisognerà
considerare anche chi si chiedesse, con don Abbondio, “Bandinelli:
chi è costui?”, e gli dovremo almeno accennare che, ignoto al
colto e all’inclita, “poeta nascosto” (nella definizione di
Sergio Claudio Perroni) di “un’opera semiprivata” (secondo
Matteo Marchesini), Bandinelli è in realtà uno dei maggiori
intellettuali del secolo passato, un tale che ha contribuito
all’arricchimento della lingua italiana molto più di quanto non si
sappia, soprattutto grazie all’elaborazione di quel vocabolario
pannelliano che è, insospettato, parte del vostro lessico interiore
della libertà. Bandinelli è un “radicale impunito”, un intruso
della politica e della cultura italiana.
Ed
è forse come tale che, in questi racconti, è capace di spiegarci al
meglio (senza ovviamente dirlo) quanto, nel 2015, l’intruso è il
maschio.
Giulio Braccini