giovedì 16 gennaio 2014



TECNICHE  E  BUFALE
da "Il Foglio"

Conoscete, avete mai visto i bufali d'acqua, i corpulenti ruminanti cugini del bue, dal latte delle cui vacche si produce, miracolo italiano, la mozzarella? Sono originari, pare, dell'India, dove ancor oggi vengono adibiti a lavori campestri. Arrivarono secoli fa in Italia, subito apprezzati sopratutto per il latte ricco e grasso. Creature di un Dio molto rustico, li conoscevamo e li amavamo, come ritratti anche da molti artisti, inseriti in un paesaggio umido, di stagni, paludi, fiumare, fossi e gorelli. Neri, con le corna arcuate, i bufali o, per dir meglio, le bufale passavano la maggior parte del tempo brade, immerse in pozze cospicue d'acqua. Hanno infatti la pelle che soffre il sole e la secchezza. Per secoli, lo spettacolo di quelle teste nere che emergevano dall'acqua con il naso fumante e gli occhi vigili e curiosi sull'estraneo ha accompagnanto il nostro immaginario. Erano anche utilizzate per ripulire le fiumare intasate da arbusti e sterpaglia: trottandovi sopra, con la loro mole strappavano gli intrichi e liberavano le occlusioni. Le bufale sono intelligenti, il mandriano le riconosce per nome.

Un giorno però l'Uomo, sotto l'ispirazione del Dio della Tecnica, ha trovato inaccettabile che il latte delle bufale venisse raccolto, come per secoli si era fatto, sporco del brago delle fiumare. Così le bestie sono state trasferite in grandi stalle dotate di ogni ritrovamento tecnologico (forse c'entra anche qualche direttiva CEE). A parte che per mangiare sono costrette ad infilare il collo tra anguste e carcerarie sbarre metalliche, le bestie vengono, ad intervalli, sottoposte a lunghe spruzzate di acqua nebulizzata, mentre lame d'acqua scorrono sotto le loro zampe per raccogliere lo strame e lavare i pavimenti. Così la tecnologia ha sostituito le pozze d'un tempo. Persino la raccolta del latte, la mungitura, è fatta elettronicamente, da robot che riescono ad infilare nelle pompette aspiranti il capezzolo, individuato grazie a sensori luminosi. Mi ha fatto male, vedere le povere bufale, che un tempo si immergevano con gusto nelle acque torbide, oppure si rotolavano tra le erbe per staccare dalla pelle il fango disseccato, o pascolavano placidamente tra sugherete e canneti, aggirarsi ora inoperose nelle lucide e sterili stalle. Ruminano nel vuoto, ho avuto un brivido scorgendo nei loro occhi - così mi è parso -  una noia soporosa, mortale. Non c'è bisogno di essere animalisti per detestare a volte le tecnologie. Per le galline, finalmente si è capito che la supertecnologia degli allevamenti di massa (per colpa dei quali, pare, le galline hanno disimparato a covare) era controproducente ai fini della produzione di uova e si comincia ad apprezzare di nuovo la gallina ruspante, "di fattoria". Sono casi in cui la tecnica e le tecnologie mi sono odiose e sospiro per il loro rifiuto, vorrei sperare che presto anche le bufale d'acqua vengano restituite alla (loro) natura. 

Non credo però che i miei voti possano essere esauditi. Lasciamo da parte bufale e galline, la tecnologia (avida figlia della tecnica) assedia senza pietà non la natura in generale ma la nostra natura, la natura umana. La chiesa, le chiese tentano vanamente una qualche resistenza. Filosofi tardoheideggeriani le si scagliano contro. C'è chi preconizza, da scienziato, che presto all'"homo habilis, all'erectus, al sapiens, succederà l'homo electronicus". "Ci sarà un post-umano dopo il post-moderno?" , è l'ansioso interrogativo: e "le macchine diventeranno parte dell'uomo, oppure dovremo chiederci quanta parte di noi sarà sintetica?" Soprattutto, il gran discutere è sul cervello. Dell'uomo, s'intende. Quello naturale, ma anche quello artificiale. Una volta, se toccavi questo tema, eri sotto il tiro di una artiglieria di fanatici, c'era una sacralità del cervello. Oggi c'è una sorta di fissazione, un feroce accanimento a stuzzicarlo: dipende dal fatto che oggi neurologi e/o psichiatri sono convinti che lavorando attorno al cervello, alle sue circonvoluzioni, ecc., si possa arrivare al fondo della verità sull'uomo in sé. Mi pare che per gli antichi l'organo umano più importante fosse il fegato, dal quale etruschi e romani traevano previsioni e auspici sul futuro, non solo dell'individuo ma della società e dello Stato. Pur vantando il privilegio di poter essere già sostituito da un congegno artificiale, anche il cuore è passato in second'ordine. Oggi è il cervello ad essere caricato di mirabolanti attese, forse lo si ritiene sede dell'anima, o di quel che è essenza per l'uomo. Così è divenuto l'oggetto del desiderio di neurologi, di chirurghi, e magari anche degli ateisti: un uomo con cervello artificiale non ha più bisogno di dio. "Quel che resta da vedere, afferma perplesso il nostro interlocutore, è 'di che qualità' sarà questa vita, quali benefici (...) si riveleranno davvero benefici, piuttosto che maledizioni o disastri". Già, l'umanità potrebbe correre il rischio che le tenologie assicurino una vita - per così dire - perfetta, ma immersa nella stessa noia di quella delle bufale.


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