giovedì 10 settembre 2015


 AL DIRETTORE DE "IL GARANTISTA" (pubblicata in data 5 settembre)

Caro direttore,
quando ieri ho letto su un quotidiano che in Commissione Giustizia del Senato si è trovato l'accordo sul come definire le “unioni civili”, l'istituto parallelo ma differente dal matrimonio che dovrebbe regolarizzare le convivenze tra individui anche dello stesso sesso, mi sono rallegrato: sia pure attraverso compromessi dolorosi, anche l'Italia sembra avviarsi a riconoscere un diritto che ormai sta entrando stabilmente nella legislazione di moltissimi paesi, europei e non. Ma la mia soddisfazione è sfumata non appena ho letto che l'accordo è stato raggiunto sulla definizione “specifica formazione sociale”. Mi sono subito detto che sarebbe assurdo se un orrore simile trovasse posto nella legislazione italiana. Mai! Questa terminologia è espressione di una crudeltà che sfiora la tortura. Coloro che dovessero, una volta fosse  accolta nella normativa italiana, utilizzare tale formula per legittimare la loro convivenza, sarebbero paragonabili agli ebrei marcati dalla stella gialla. Non sarebbero esseri umani saldati in una “unione” che garantisca loro diritti, doveri, ma anche un sicuro e dignitoso status sociale pur se ancora segnato da una “diversità” non del tutto accettabile: sarebbero dei ghettizzati, indicati a dito alla società come “diversi” nel senso peggiore, più mortificante. Non sarebbero una coppia di esseri umani, ma gli esemplari di una classificazione parascientifica, non molto lontani da minerali o rari uccelli esotici impagliati nel Museo di Scienze Naurali.

Sembra che l'infamante definizione sia stata escogitata come compromesso per soddisfare le esigenze dei parlamentari cristiani, anzi - per dire - cattolici. Non mi stupisce, il mondo cattolico ha spesso avuto, nelle sue vene, il gusto sadico della Inquisizione, della tortura: solo da poco Papa Francesco cerca di far dimenticare il lontano, ma anche recente, passato, e di far accettare alla chiesa l'imperativo primario della misericordia caritatevole. La definizione elucubrata in Parlamento non identifica, non definisce una coppia, una "unione" (termine apparso come disdicevole e inaccettabile) quanto piuttosto bolla con un marchio infamante la loro "diversità". Penso che un autentico credente, un credente nel dio cristiano, non possa che respingere con orrore il vergognoso esito di questo mercato di coscienze.
Non sono né parlamentare né credente. Ma invito con forza i parlamentari credenti a ribellarsi, a respingere l'osceno ricatto imposto loro e al paese intero prima che agli omosessuali, e a votare responsabilmente contro, senza se e senza ma.
ordialmente.
Grazie dell'ospitalità
Angiolo Bandinelli

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