mercoledì 8 ottobre 2014


                                                    UTERI, FAMIGLIE, SINODO
(da "Il Foglio)


Questa è grossa. Anzi è, decisamente, grossissima. Dopo l'utero in affitto, dopo l'eterologa, adesso abbiamo il bambino che nasce e si sviluppa dentro un utero trapiantato. La madre - quella che lo ha partorito - era nata senza, lo ha ricevuto per via chirurgica, con un trapianto (la vicenda me ne ha fatto ricordare un'altra di qualche anno fa, quando i ricercatori della Cornell University di New York misero a punto un  “utero artificiale” da utilizzare quando la donna sia impossibilitata a sostenere la gravidanza; ricordo che un bioeticista cattolico si disse certo che “un bambino nato da un utero artificiale sarebbe ad alto rischio di malattie mentali”: una balla, ma passò).  Tornando all'oggi, che diremo? Diremo che "non c'è più religione?" Forse dovremmo dirlo, visto che almeno per la religione cattolica sono già condannati l'utero in affitto e l'eterologa. Ora la chiesa si trova davanti a questo ulteriore ritrovato di una scienza sempre più faustiana, e fatalmente dovrà pronunciarsi negativamente anche su di esso. Dovrà condannarlo, è sicuro: perché, di quale madre è figlio il bimbo? Di quella che se lo è portato dentro per otto mesi, o della donna cui apparteneva l'utero trapiantato? Non è una questione oziosa, la donatrice vive ed è presumibilmente vegeta, ancorché in menopausa. Vegeta, altrimenti l'équipe medica che ha realizzato l'eccezionale intervento non avrebbe scelto, per il trapianto, il suo utero. Si capisce comunque che la foto di Vincent (il bambino) giri il mondo. E si capisce anche che l'evento sia accaduto in Svezia, un paese dove notoriamente certe problematiche etiche trovano scarsa attenzione ma si bada al sodo, specie se in salsa scientifica.

Non sarà un diritto, ma certo il desiderio di figli fa fare cose incredibili. Comunque, tutto questo accade nei giorni in cui a Roma è in corso un Sinodo Straordinario per discutere sui temi della famiglia. Immagino che problematiche di questo tipo affioreranno nel dibattito, anche se pare che la questione più spinosa sarà la possibilità o meno di aprire la comunione ai divorziati e a quanti siano passati a seconde nozze, magari solo civili. “I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa”, ha sostenuto nella sua "Relatio" introduttiva  il cardinale Peter Erdo, arcivescovo di Budapest, anche se aggiungendo, cavillosamente, che “nel caso di un matrimonio sacramentale (consumato), dopo un divorzio, mentre il primo coniuge è ancora in vita, non è possibile un secondo matrimonio riconosciuto dalla Chiesa”. Il tema   rappresenta “solo un problema nel grande numero di sfide pastorali oggi acutamente avvertite”, ma occupa molte delle tredici cartelle del discorso pronunciato da Erdo. Ad ogni modo, saranno sotto tiro “non le questioni dottrinali", ma le questioni “di natura squisitamente pastorale”.

Verrà ripresa nel Sinodo la tesi, oggi molto in voga in certi dibattiti italiani, che occorra soprattutto pensare a difendere la "famiglia naturale"? E' improbabile.  Le vicenda svedese ci ammonisce che ormai di "naturale" c'è poco, nelle questioni relative alla fertilità, alla nascita e, in generale, alla famiglia. Ma gli ottimi padri non hanno forse bisogno di questi ammonimenti, loro sanno benissimo che l'idea che vi sia una famiglia "naturale" da proteggere dagli attacchi relativistici della modernità è del tutto sballata, un portato di certo residuo eurocentrismo duro a morire, anche nella chiesa. Dei quasi duecento partecipanti al Sinodo, più della metà (106) proviene dall'Asia, dall'America latina, dall'Africa e dall'Oceania. E basta un giornalista de "La Stampa" per ricordare che ormai più che della "famiglia" occorrerà parlare di tante "famiglie", assai diverse ma non meno bisognose di attenzione e assistenza: "Ci sono regioni africane dove esistono matrimoni combinati tra bambine di dieci anni e uomini di sessanta. Ci sono Paesi, come il Niger e il Ciad, dove oltre il 70 per cento delle donne che oggi hanno un'età compresa tra i 20 e i 24 anni si sono sposate prima di averne compiuti 15"..."E non è certo facile per la Chiesa parlare di 'legge naturale' in regioni nelle quali è la poligamia ad essere considerata 'naturale', così come è cosiderato 'naturale' ripudiare una moglie non in grado di fare figli, o figli maschi", mentre in Melanesia esistono "società matriarcali nelle quali la responsabilità per l'educazione dei bambini è affidata gli zii materni più che al padre biologico".

Uno degli argomenti più in voga tra quanti nella Chiesa paventano certi cambiamenti è che la "misericordia" spesso invocata da Papa Francesco non possa né debba mai essere disgiunta dalla giustizia, e che la vera misericordia è proprio la giustizia. Mi viene da osservare, un po' semplicisticamente, che la giustizia è argomento intriso di rigorosa, consequenziaria logica, mentre la misericordia è moto dell'animo e della volontà che, se pur non estemporaneo e ingenuamente semplicistico, non può esimersi dal superare di slancio, quando necessario, le strettoie del diritto canonico. Nella passione di Cristo, il peccatore non diventa fratello? Io così credevo.

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