venerdì 24 giugno 2016



TOH! FORSE LA RAGGI E’ UNA VERA RENZIANA

Da “L’Opinione” del 23 luglio 2016

Si sa, il comico dice spesso la verità, anzi, spiattella proprio quelle verità che altri non osa dire seriamente. Parlo di quel  tipo di comico che punge vicende, situazioni , personaggi  reali, insomma il comico che fa satira. E’ un personaggio letterario e teatrale  noto fin dall’antichità. I romani di uno cosi dicevano:  “Castigat ridendo mores”: sferza, ridendo, i (cattivi) costumi. In questa simpatica specialità  Grillo fu bravissimo, sia in Tv che sui palcoscenici di mezz’Italia. Anche la sua carriera politica cominciò con l’esercizio di una sferzante e implacabile satira sociale e politica su platee e palcoscenici. Oggi che fa il politico a tempo  pieno  dice più o meno quel che diceva da comico: attacca, sferza, aggredisce quelli che ritiene i siano i mali del paese, a  partire da quella ingombrante casta di privilegiati che sono l politici professionisti. Le folle lo applaudivano come comico satireggiante, perhé non dovrebbero votare per lui, il politico moraleggiante? La satira, ribadiamolo ancora, dice verità scomode, ma che piacciono alla gente.

C’è ora il rischio che i grillini divenuti sindaci provino a mettere in pratica le battute al vetriolo  del loro maestro e leader. Così apprendiamo, per esempio, che le tirate e gli sberleffi contro la speculazione edilizia che ha arricchito, specialmente a Roma, generazioni di palazzinari e infiniti Consigli di Amministrazione  di grandi Immobiliari potrebbero diventare i temi  di una decisa politica urbanistica. Il nuovo assessore, Paolo Berdini, è da tempo noto e qualificato esponente delle tesi  più radicalmente ostili ad una indiscriminata crescita edilizia. Vuoi  vedere che questa volta a Roma davvero verranno tagliate le unghie ai grandi e spiccoli speculatori, palazzinari o immobiliari che siano?  Ma la battaglia contro la speculazione sulle aree fabbricabili non era un  cavallo di battaglia delle sinistre, dei democratici e  dei loro urbanisti? Altroché, però raramente, e in modo approssimatico e cauteloso, diventavano oggetto di una seria attenzione dei loro assessori e  amministratori: i cassetti delle loro scrivanie rigurgitavano di progetti  messi  nel dimenticatoio, o quasi.

Almeno a una prima vista, i programmi delle giunte grilline di Roma e Torino contengono idee e progetti  un tempo cari alle sinistre, compreso il PD (magari con qualche eccesso di zelo. come la riluttanza a mettere in vendita i carrozzoni degli enti municipalizzati e malgestiti).  Dunque, non ha torto Renzi quando si complimenta con i grillini per quella che riconosce come una loro vittoria giusta e legittima, perché loro hanno “dato voce al cambiamento”, quel cambiamento che il suo partito, o la sua minoranza interna, ha negato a lui. Sì, in certo modo e, si intenda, con tutti i limiti, il grillismo può essere visto, in controluce, come una variante del renzismo. Renzi ha perso non perché è stato troppo Renzi, come lo accusano i suoi compagni (si fa per dire) delle sinistre interne,  ma perché è stato “poco “ Renzi,  perché non lo è stato fino in fondo come rottamatore e promotore del cambiamento tante volte promesso a parole. E credo sia chiaro che molta della insoddisfazione da cui è scaturito il voto protestatario nasca dalla rabbia per le troppe promesse rimaste inevase. In un suo recente commento, l’ottimo Stefano  Folli ha potuto tranquillamente sostenere che tutto potrebbe “risolversi  individuando una Chiara Appendino o una Vrginia Raggi renziana (è in fondo il retropensiero è che entrambe sarebbero renziane se solo le circostanze temporali avesser incrociato diversamente i destini personali)”.  Se questa (non troppo balzana) ipotesi non si è fatta realtà è perché “la dimensione renziana...si  è trovata a convivere con una tradizione dedita a coltivare le proprie radici nel territorio. Radici all’improvviso perdute, certo anche per gli errori compiuti: ad esempio, quello di immaginare che fosse possibile vivere di rendita, pressoché immobili nel tumulto dei tempi”.
 Già, il “tumulto dei tempi”: quello che – diciamolo – non viene colto né da Renzi né tantomeno dalle sue inconsapevoli ma zelanti seguaci  con tessera grillina.  

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