lunedì 9 luglio 2012


F R A M M E N T O

La stazione di vetri e plastica verde era, nel buio che la circondava - il buio dei binari e della notte - luminosa ma fredda. La gente che vi si muoveva sembrava cercasse qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa: poteva attardarsi, minutamente indecisa a soppesare i prezzi del buffet, o girarsi attorno in attesa del compagno (o della compagna) in ritardo perché recatosi (o recatasi) alle toilettes: c'era un nero dalla testa scultorea incappucciato in un berretto di lana da sciatore, blu come la cornea dei suoi occhi e sporco di polvere e fuliggine color terra come la sua pelle, c'era una donna con i capelli rossi come carote, ma proprio come carote - pensò - di un colore vegetale che la faceva apparire demoniaca o fantastica, semplicemente aspettando che il cameriere dietro il banco le porgesse ghiottamente il panino da tre euro con mortadella, pomodoro, insalata e maionese messo a bruciare nel tostapane, e intanto beveva la sua birra finché arrivasse l’uomo che potesse riempirle la vita o almeno quella sera domenicale, vuota come una borsa nera; c'erano il ragazzo e la ragazza seduti al tavolo di marmo nero, impazienti, l’uno e l’altra, che l’altra (o l’altro) facesse la prima mossa, il primo gesto, prendesse insomma l’inizitiva per un incontro che era evidentemente impossibile, stando alle lancette dell’orologio che rintoccavano l’arrivo fulmineo dei treni-containers, dei treni-navetta, dei treni-commuters, dei treni affollati di tutte le periferie domenicali... l’attesa era spezzata dal tintinnio dei piattini e delle tazze sul bancone dove il barista li lanciava velocemente davanti agli avventori dalle voci smozzicate, dal sorriso perduto. 

Lui si avvicinò a uno dei tavoli in marmo, fece scivolare dalla schiena lo zaino canadese e lo appoggiò al lungo sedile di legno, spingendolo fino in fondo finché quello toccò il muro, poi si passò da una mano all’altra il sacchetto di plastica dalla forma squadrata e lo depositò sul tavolo spingendo anche questo verso il muro, infine si sedette alla panca e appoggiò i gomiti al marmo e si dispose evidentemente anche lui ad una qualche attesa : ma prima sistemò con la mano lo zaino, scostò e abbassò i lembi del sacchetto di plastica dalle forme squadrate e regolari, scoprendone il contenuto consistente in una cassetta di legno lucido, marrone, approssimativamente cubica, ma un po’ più alta che lunga, e con una targhetta di bronzo sulla faccia superiore - una scritta che doveva essere ben nota al giovane, che infatti si limitò a passarle sopra, leggermente, la mano destra, come a spolverarla. Con l’altra si teneva il mento, e la testa appoggiata pesante, come fosse in attesa, anch’essa...

...si guardò intorno, nella sala-buffet della stazione dove è appena sceso dall’ultimo treno-navetta. Con lui sono arrivati molti altri viaggiatori, per lo più giovani, indossanti giacconi di pelle di pecora con il vello che esce dal fondo della maniche e si arriccia intorno al collo come i giubbotti degli aviatori americani della guerra mondiale...

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