RACCONTO
D’ESTATE
Il frinire delle cicale
esce da milioni di violini con una sola corda, su cui folli senza
speranza fanno scorrere l’archetto invidioso. Le chiome dei pini
sono piegate tutti in una direzione, come fuggendo da un solo grande
spavento. Gli aghi secchi scricchiolano, cespugli contorti riempiono
lo spazio tra i tronchi, sentieri spinosi sboccano su brevissime
radure sabbiose, calpestate solo da amanti. E’ Cézanne il pittore
di queste pinete mediterranee grigioverdi, di questi amanti.
L’ingegnere in pensione,
l’ex funzionario di una compagnia di assicurazioni, la signora che
amministra una vasta tenuta di vini pregiati, si offrono
reciprocamente cene, insieme semplici ed eleganti, alle quali
invitano gli ospiti di sempre. E’ un rito di questa Toscana
esclusiva. Si racconta vuotamente e pigramente del nulla che incombe
sulla città abbandonata da loro, villeggianti d'abuso, mentre i
fuochi della grigliata sbarbagliano. Gli uomini appaiono un po’
banali, figurine di un paesaggio sociale modesto nonostante le
apparenze, gente soddisfatta di carriere e pensioni comode, magari
immeritate, povera comunque di idee e di passioni; affascinanti sono
invece le loro compagne, le rughe ricamano il volto della signora
dagli occhi azzurri che giocano con l’ombretto o l’eye liner,
accanto alla quale siedo in attesa del responso del barbecue. Cortese
e altruista, lei ha lasciato posto al gruppetto di turisti venuti da
fuori per la festa di mezz’agosto; beve un po’ di birra, i suoi
occhi escono dal buio come topazi. Lei va al mare, il marito no, lei
si distende sulla sabbia esattamente come avrebbe fatto a venti anni,
la sua eleganza non ha età. Ride volentieri con i denti forti e
lunghi. Racconta all’ospite qualche scampolo della sua biografia,
spesa accanto al marito, funzionario amministrativo di una grande
catena internazionale di supermercati con lunghi soggiorni di lavoro
in Giappone, e lei ricorda volentieri, ma sbiaditamente, la vita in
quel lontano paese, forse però ancor più interessata a raccontare
le vicende della mobilia quando dovettero farla rientrare in Italia e
invece di destinarla a Milano, dove pure vivono, l’hanno girata e
fermata qui, in questo loro ritiro toscano così familiare dove però
scendono quasi solo in agosto, da buoni milanesi. Vive nell’ansia
del passato che le è sfuggito, chissà che non si penta di non
averne saputo vedere tutte le occasioni, i momenti occhieggianti nei
quali cogliere se stessa: perché penso sia consapevole che
meriterebbe, o avrebbe meritato di più, dalla vita. Ma non penso
nutra veri rimpianti, è abbastanza soddisfatta anche di poter fare
due chiacchiere senza senso con il quasi sconosciuto che le sono io,
come se stesse seriamente partecipando ad un rituale sociale, e lei
questi rituali li vive e li rispetta, le danno il senso di un ruolo.
Non so fino a che ora aspetteremo, il barbecue ci depone dinanzi una
bistecca che dividiamo, fraternamente direi, e consumiamo
allegramente. Mi sorride, ma non riesco a pensare ad un dopo che
ripaghi quel sorriso, forse la mia è una immaginazione senza senso,
e a lei va bene così, resterà soddisfatta di questa vuota serata:
se ne ricorderà,un giorno? Mi farebbe un grande regalo sapere di
essere salvato dall’annullamento grazie al ricordo di questa donna
gentile, fatta apposta per me, almeno in questa serata imprevista,
regalatami da un amico, casualmente.
***
Verso la riva, il mare si
sbianca, si rovescia allegramente sulla spiaggia, dove è solo uno
strapuntino di bollicine bianche, sotto il quale appaiono, lucidi, i
sassi e i gusci vuoti delle conchiglie. Ma bisogna entrare in acqua
con prudenza, il piede può affondare nella sabbia o perdersi dentro
una buca insospettata, puoi cadere in un modo ridicolo. Finalmente mi
decido. Sono anni che non vengo al mare, quando mia moglie si ammalò
e divenne fragile e insicura dovemmo rinunciare al nostro maggiore
divertimento estivo, la fuga verso il mare. E come ne godevamo, io
andavo a prenderla all’uscita dell’ufficio, verso le cinque, e in
macchina ci dirigevamo verso Ostia. Lì c’erano ancora spiagge
libere e gratuite. Quando lei, in bikini, si allungava sul suo
asciugamano e chiudeva pigramente gli occhi, il sole già era
obliquo. La spiaggia era del tutto deserta. Io allungavo la mano
sotto il bikini, e carezzavo quella pelle soda e liscia. Lei diceva:
“Mi piacciono, le tue mani”. Non osavo chiederle a cosa pensasse,
mi metteva in soggezione la puntura dell’immaginario, di quella che
era stata prima di incontrare me, così casualmente eppure
felicemente
****
In
casa, ha riempito il vuoto delle ore con gesti inutili e superflui.
E’ venuto qui su invito dell’amico proprietario del
bell’appartamento, e soprattutto per fuggire l’angoscia che lo
opprime continuamente da quando gli è morta la moglie. Ora si gira e
rigira sul letto, le ore pomeridiane sono intrise di un silenzio
carico di imperscrutabili minacce. Ha provato a leggere, si è
portato da Roma libri impegnativi, deve impegnarsi, riprendere a
vivere partendo dalle cose difficili che teme di aver dimenticato, o
di poter dimenticare adesso che ha perduto il suo centro di
riferimento esistenziale, la moglie con cui ha convissuto decenni
senza nemmeno accorgersene, e ora gli piombano addosso pesantemente,
ponendogli non interrogativi, ma solo risposte inaccettabili.
L’ospite
può forse apparire, ai loro occhi, ineducato, perché raccoglie le
zucchine sulla forchetta aiutandosi con il coltello, invece della
mollichella di pane. Appartiene, prima che a una diversa categoria
sociale, ad una diversa categoria mentale. Si sente infatti, tra
questi compiti commensali, a disagio.
Dubitò
di averla mai davvero amata, sospettò che il loro fosse stato un
rapporto di necessità, almeno il suo, necessità frustrante, dal
quale non era mai riuscito a liberarsi, per una sorta di viltà.
“Invitami,
invitami ancora! Ti prego! Ne ho bisogno, ho bisogno di queste cose!”
Il treno singhiozzò un poco, poi partì, se lo portò via,
cullandolo come un bambino riluttante. Sparirono, come è ovvio, alla
prima curva.
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