domenica 24 novembre 2013



RACCONTO D’ESTATE



Il frinire delle cicale esce da milioni di violini con una sola corda, su cui folli senza speranza fanno scorrere l’archetto invidioso. Le chiome dei pini sono piegate tutti in una direzione, come fuggendo da un solo grande spavento. Gli aghi secchi scricchiolano, cespugli contorti riempiono lo spazio tra i tronchi, sentieri spinosi sboccano su brevissime radure sabbiose, calpestate solo da amanti. E’ Cézanne il pittore di queste pinete mediterranee grigioverdi, di questi amanti.

L’ingegnere in pensione, l’ex funzionario di una compagnia di assicurazioni, la signora che amministra una vasta tenuta di vini pregiati, si offrono reciprocamente cene, insieme semplici ed eleganti, alle quali invitano gli ospiti di sempre. E’ un rito di questa Toscana esclusiva. Si racconta vuotamente e pigramente del nulla che incombe sulla città abbandonata da loro, villeggianti d'abuso, mentre i fuochi della grigliata sbarbagliano. Gli uomini appaiono un po’ banali, figurine di un paesaggio sociale modesto nonostante le apparenze, gente soddisfatta di carriere e pensioni comode, magari immeritate, povera comunque di idee e di passioni; affascinanti sono invece le loro compagne, le rughe ricamano il volto della signora dagli occhi azzurri che giocano con l’ombretto o l’eye liner, accanto alla quale siedo in attesa del responso del barbecue. Cortese e altruista, lei ha lasciato posto al gruppetto di turisti venuti da fuori per la festa di mezz’agosto; beve un po’ di birra, i suoi occhi escono dal buio come topazi. Lei va al mare, il marito no, lei si distende sulla sabbia esattamente come avrebbe fatto a venti anni, la sua eleganza non ha età. Ride volentieri con i denti forti e lunghi. Racconta all’ospite qualche scampolo della sua biografia, spesa accanto al marito, funzionario amministrativo di una grande catena internazionale di supermercati con lunghi soggiorni di lavoro in Giappone, e lei ricorda volentieri, ma sbiaditamente, la vita in quel lontano paese, forse però ancor più interessata a raccontare le vicende della mobilia quando dovettero farla rientrare in Italia e invece di destinarla a Milano, dove pure vivono, l’hanno girata e fermata qui, in questo loro ritiro toscano così familiare dove però scendono quasi solo in agosto, da buoni milanesi. Vive nell’ansia del passato che le è sfuggito, chissà che non si penta di non averne saputo vedere tutte le occasioni, i momenti occhieggianti nei quali cogliere se stessa: perché penso sia consapevole che meriterebbe, o avrebbe meritato di più, dalla vita. Ma non penso nutra veri rimpianti, è abbastanza soddisfatta anche di poter fare due chiacchiere senza senso con il quasi sconosciuto che le sono io, come se stesse seriamente partecipando ad un rituale sociale, e lei questi rituali li vive e li rispetta, le danno il senso di un ruolo. Non so fino a che ora aspetteremo, il barbecue ci depone dinanzi una bistecca che dividiamo, fraternamente direi, e consumiamo allegramente. Mi sorride, ma non riesco a pensare ad un dopo che ripaghi quel sorriso, forse la mia è una immaginazione senza senso, e a lei va bene così, resterà soddisfatta di questa vuota serata: se ne ricorderà,un giorno? Mi farebbe un grande regalo sapere di essere salvato dall’annullamento grazie al ricordo di questa donna gentile, fatta apposta per me, almeno in questa serata imprevista, regalatami da un amico, casualmente.


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Verso la riva, il mare si sbianca, si rovescia allegramente sulla spiaggia, dove è solo uno strapuntino di bollicine bianche, sotto il quale appaiono, lucidi, i sassi e i gusci vuoti delle conchiglie. Ma bisogna entrare in acqua con prudenza, il piede può affondare nella sabbia o perdersi dentro una buca insospettata, puoi cadere in un modo ridicolo. Finalmente mi decido. Sono anni che non vengo al mare, quando mia moglie si ammalò e divenne fragile e insicura dovemmo rinunciare al nostro maggiore divertimento estivo, la fuga verso il mare. E come ne godevamo, io andavo a prenderla all’uscita dell’ufficio, verso le cinque, e in macchina ci dirigevamo verso Ostia. Lì c’erano ancora spiagge libere e gratuite. Quando lei, in bikini, si allungava sul suo asciugamano e chiudeva pigramente gli occhi, il sole già era obliquo. La spiaggia era del tutto deserta. Io allungavo la mano sotto il bikini, e carezzavo quella pelle soda e liscia. Lei diceva: “Mi piacciono, le tue mani”. Non osavo chiederle a cosa pensasse, mi metteva in soggezione la puntura dell’immaginario, di quella che era stata prima di incontrare me, così casualmente eppure felicemente
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In casa, ha riempito il vuoto delle ore con gesti inutili e superflui. E’ venuto qui su invito dell’amico proprietario del bell’appartamento, e soprattutto per fuggire l’angoscia che lo opprime continuamente da quando gli è morta la moglie. Ora si gira e rigira sul letto, le ore pomeridiane sono intrise di un silenzio carico di imperscrutabili minacce. Ha provato a leggere, si è portato da Roma libri impegnativi, deve impegnarsi, riprendere a vivere partendo dalle cose difficili che teme di aver dimenticato, o di poter dimenticare adesso che ha perduto il suo centro di riferimento esistenziale, la moglie con cui ha convissuto decenni senza nemmeno accorgersene, e ora gli piombano addosso pesantemente, ponendogli non interrogativi, ma solo risposte inaccettabili.

L’ospite può forse apparire, ai loro occhi, ineducato, perché raccoglie le zucchine sulla forchetta aiutandosi con il coltello, invece della mollichella di pane. Appartiene, prima che a una diversa categoria sociale, ad una diversa categoria mentale. Si sente infatti, tra questi compiti commensali, a disagio.

Dubitò di averla mai davvero amata, sospettò che il loro fosse stato un rapporto di necessità, almeno il suo, necessità frustrante, dal quale non era mai riuscito a liberarsi, per una sorta di viltà.

Invitami, invitami ancora! Ti prego! Ne ho bisogno, ho bisogno di queste cose!” Il treno singhiozzò un poco, poi partì, se lo portò via, cullandolo come un bambino riluttante. Sparirono, come è ovvio, alla prima curva.


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