LE
FESTE, I SANTI, IL DESTINO DELL'UOMO
Via
e-mail, faccio a mia cognata (vive nel Minnesota) gli auguri per
Ferragosto, “che per gli italiani - le spiego - è una delle grandi
festività dell'anno”; a stretto giro di e-mail, lei mi risponde:
“Ah, il quindici agosto! Se non sbaglio, è la festa dell'Assunta”.
Viene da famiglia inglese cattolica. Con la coda tra le gambe,
replico: “Non ricordavo nemmeno più che fosse una festività
religiosa, e credo che qui nessuno se ne ricordi, ormai: comunque,
per Ferragosto - mi dilungo - le città italiane si svuotano, non
troveresti un negozio aperto, tutti si riversano o al mare o ai
monti. E' la festa del cocomero - il vostro watermelon - e
dell'insalata caprese, che ti piaceva quando eri in Italia”, ecc.
Nel vuoto ferragostano, piccato dall'osservazione sulla festività
dell'Assunta, rimugino. Trovo poco, l'Assunta è una presenza debole
del mio residuo immaginario religioso. Mi viene in mente la colonna
dell'Immacolata Concezione a Piazza di Spagna, a Roma, alla quale il
papa offre tradizionalmente, l'8 dicembre, una corona di fiori,
perigliosamente issata da un vigile del fuoco fino alla statua in
cima alla colonna, e per un po' faccio confusione tra la due
raffigurazioni di Maria. Facendo zapping in TV, scopro poi che c'è
il Palio dell'Assunta, che si corre il 16 di agosto, con la consueta
strage di cavalli... E, sì, torna in mente anche la preghiera
dell'Annunciazione dell'angelo (almeno quella dipinta dal Beato
Angelico). Poco altro.
Mia
cognata - ricordo - ha scarsa stima del cattolicesimo all'italiana, e
non è certo la sola: l'Italia è spesso rappresentata come il paese
dalla religiosità formale, non sentita intimamente, esteriore quanto
ipocrita, e così via. Si colloca all'estremo della negatività
cattolica come vista da un occhio protestante. Adesso sono sparite,
o stanno sparendo, le manifestazioni della pietas popolare - come la
festa dell'Assunta - che erano legate strettamente a quella immagine
della cattolicità italiana. Dovremmo esser lieti di questa sorta di
pulizia dalla parte più esteriore della pratica religiosa. Nemmeno
la chiesa fa troppe recriminazioni, salvo quando si parla di ridurre
o abolire le festività religiose infrasettimanali. Fu però la
chiesa stessa, nell'atmosfera del secondo Concilio Vaticano, a
spazzar via una serie di culti folkloristici che celebravano figure
di santi improbabili o vicende sulla cui realtà storica nessuno
avrebbe scommesso un centesimo (e penso a quei prepuzi rinsecchiti
del Gesù circonciso che sembra fossero oggetto di culto in vetuste
parrocchie). Si è riusciti a salvare e mantenere, oltre alla
sindone, la venerazione per San Gennaro a Napoli, di altri possibili
non so. Comunque, la chiesa non ama la sociologia: le inchieste sullo
spessore reale della religiosità italiana, sul significato
dell'attaccamento verso i grandi momenti liturgici o le cerimonie
religiose più solenni, la lasciano diffidente, ostile. Sicuramente
si preoccupa per la diminuzione dei matrimoni religiosi a favore di
quelli civili, ma credo che poi si tenga stretta alla constatazione
che l'usanza del battesimo non vede analoghe consistenti flessioni.
Lo stesso ritengo possa dirsi per le cerimonie funebri: da un po' la
chiesa ha anche aperto alla cremazione, privandola dell'aura
massonico-anticlericale che la circondava, orgogliosamente, un tempo.
La chiesa considera il calo delle presenze alle cerimonie religiose
come una colpa del singolo, o come effetto della scristianizzazione
della società opera del relativismo eterodiretto,
dell'individualismo culturale, ecc. Il vero dramma è invece, a mio
avviso, altro. E' nel fatto che la società (tanto più la società
globalizzata) non ha più bisogno della chiesa per interpretare il
mondo e le sue proprie faccende. Le cerimonie religiose erano tappe
visibili di una lettura provvidenzialista delle vicende terrene, il
culto dei santi e le varie ricorrenze celebravano in modo
spettacolare (teatrale, direi) l'indissolubile legame tra la chiesa e
l'uomo nella sua quotidianità terrena.
Le mitologie del Paradiso, dell'Inferno e del Purgatorio riguardavano
sì il destino del singolo, ma erano soprattutto lo sfondo necessario
ad una lettura organica del destino della società.
Il
mondo protestante ha poco o nulla bisogno di miti e celebrazioni, ma
è sbagliato pensare che tale atteggiamento sia il segno di un gran
progresso della ragione, della laicità sui falsi riti e le credenze
popolari. Il folklore, il mito, le credenze, usciti dalla porta
rientrano dalla finestra: Halloween è un segmento del primitivo
culto dei morti, la caccia alle streghe dilagò sia in territori
cattolici che in quelli protestanti, certi riti fondamentalisti sono
penosi. Il laicista aborre sempre, a prescindere, da raffigurazioni,
riti e miti, pretende di poter raccomandare un mondo del tutto
secolarizzato. Il laico, piuttosto che attendersi la Grande Vittoria
della Ragione - evento un po' miracolistico, anch'esso dogmatico -
lavora pazientemente per tanti piccoli compromessi positivi. Si dà
da fare, più che per l'abbandono della festa dell'Assunta, per
l'abolizione del Concordato.
Nessun commento:
Posta un commento