giovedì 23 agosto 2012




LE FESTE, I SANTI, IL DESTINO DELL'UOMO

Via e-mail, faccio a mia cognata (vive nel Minnesota) gli auguri per Ferragosto, “che per gli italiani - le spiego - è una delle grandi festività dell'anno”; a stretto giro di e-mail, lei mi risponde: “Ah, il quindici agosto! Se non sbaglio, è la festa dell'Assunta”. Viene da famiglia inglese cattolica. Con la coda tra le gambe, replico: “Non ricordavo nemmeno più che fosse una festività religiosa, e credo che qui nessuno se ne ricordi, ormai: comunque, per Ferragosto - mi dilungo - le città italiane si svuotano, non troveresti un negozio aperto, tutti si riversano o al mare o ai monti. E' la festa del cocomero - il vostro watermelon - e dell'insalata caprese, che ti piaceva quando eri in Italia”, ecc. Nel vuoto ferragostano, piccato dall'osservazione sulla festività dell'Assunta, rimugino. Trovo poco, l'Assunta è una presenza debole del mio residuo immaginario religioso. Mi viene in mente la colonna dell'Immacolata Concezione a Piazza di Spagna, a Roma, alla quale il papa offre tradizionalmente, l'8 dicembre, una corona di fiori, perigliosamente issata da un vigile del fuoco fino alla statua in cima alla colonna, e per un po' faccio confusione tra la due raffigurazioni di Maria. Facendo zapping in TV, scopro poi che c'è il Palio dell'Assunta, che si corre il 16 di agosto, con la consueta strage di cavalli... E, sì, torna in mente anche la preghiera dell'Annunciazione dell'angelo (almeno quella dipinta dal Beato Angelico). Poco altro.

Mia cognata - ricordo - ha scarsa stima del cattolicesimo all'italiana, e non è certo la sola: l'Italia è spesso rappresentata come il paese dalla religiosità formale, non sentita intimamente, esteriore quanto ipocrita, e così via. Si colloca all'estremo della negatività cattolica come vista da un occhio protestante. Adesso sono sparite, o stanno sparendo, le manifestazioni della pietas popolare - come la festa dell'Assunta - che erano legate strettamente a quella immagine della cattolicità italiana. Dovremmo esser lieti di questa sorta di pulizia dalla parte più esteriore della pratica religiosa. Nemmeno la chiesa fa troppe recriminazioni, salvo quando si parla di ridurre o abolire le festività religiose infrasettimanali. Fu però la chiesa stessa, nell'atmosfera del secondo Concilio Vaticano, a spazzar via una serie di culti folkloristici che celebravano figure di santi improbabili o vicende sulla cui realtà storica nessuno avrebbe scommesso un centesimo (e penso a quei prepuzi rinsecchiti del Gesù circonciso che sembra fossero oggetto di culto in vetuste parrocchie). Si è riusciti a salvare e mantenere, oltre alla sindone, la venerazione per San Gennaro a Napoli, di altri possibili non so. Comunque, la chiesa non ama la sociologia: le inchieste sullo spessore reale della religiosità italiana, sul significato dell'attaccamento verso i grandi momenti liturgici o le cerimonie religiose più solenni, la lasciano diffidente, ostile. Sicuramente si preoccupa per la diminuzione dei matrimoni religiosi a favore di quelli civili, ma credo che poi si tenga stretta alla constatazione che l'usanza del battesimo non vede analoghe consistenti flessioni. Lo stesso ritengo possa dirsi per le cerimonie funebri: da un po' la chiesa ha anche aperto alla cremazione, privandola dell'aura massonico-anticlericale che la circondava, orgogliosamente, un tempo. La chiesa considera il calo delle presenze alle cerimonie religiose come una colpa del singolo, o come effetto della scristianizzazione della società opera del relativismo eterodiretto, dell'individualismo culturale, ecc. Il vero dramma è invece, a mio avviso, altro. E' nel fatto che la società (tanto più la società globalizzata) non ha più bisogno della chiesa per interpretare il mondo e le sue proprie faccende. Le cerimonie religiose erano tappe visibili di una lettura provvidenzialista delle vicende terrene, il culto dei santi e le varie ricorrenze celebravano in modo spettacolare (teatrale, direi) l'indissolubile legame tra la chiesa e l'uomo nella sua quotidianità terrena. Le mitologie del Paradiso, dell'Inferno e del Purgatorio riguardavano sì il destino del singolo, ma erano soprattutto lo sfondo necessario ad una lettura organica del destino della società.

Il mondo protestante ha poco o nulla bisogno di miti e celebrazioni, ma è sbagliato pensare che tale atteggiamento sia il segno di un gran progresso della ragione, della laicità sui falsi riti e le credenze popolari. Il folklore, il mito, le credenze, usciti dalla porta rientrano dalla finestra: Halloween è un segmento del primitivo culto dei morti, la caccia alle streghe dilagò sia in territori cattolici che in quelli protestanti, certi riti fondamentalisti sono penosi. Il laicista aborre sempre, a prescindere, da raffigurazioni, riti e miti, pretende di poter raccomandare un mondo del tutto secolarizzato. Il laico, piuttosto che attendersi la Grande Vittoria della Ragione - evento un po' miracolistico, anch'esso dogmatico - lavora pazientemente per tanti piccoli compromessi positivi. Si dà da fare, più che per l'abbandono della festa dell'Assunta, per l'abolizione del Concordato. 

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