venerdì 15 giugno 2012

CHE COSTITUZIONE, QUELLA AMERICANA!

La Costituzione che fondava gli Stati Uniti d'America, votata il 17 settembre 1789 dalla Convenzione riunita a Filadelfia, è un evento fondamentale nella storia dei sistemi politici moderni e non solo perché unificava i debiti pubblici dei 13 Stati contraenti, indebitati dallo sforzo bellico della guerra per l'Indipendenza: il principio federale, che sostituì l'inefficiente statuto confederale che era stato il fragile collant dei 13 Stati nati sul suolo della colonia britannica d'oltreatlantico,  rappresentò una originale sintesi del pensiero illuminista settecentesco, respingendo e rifiutando - più o meno consapevolmente - i principi che l'illuminismo veniva realizzando invece in Europa, in primo luogo nelle vicende della Rivoluzione francese e quel che ne seguì, tra Robespierre e Napoleone. Da questa parte dell'Atlantico, governi che via via rovesciavano monarchie secolari per introdurre repubbliche fortemente centralizzate, per realizzare il motto (o il mito) di quella francese, “une et indivisible”. In nome di questa centralizzazione, i governi della III Repubblica in particolare, lottarono contro i dialetti, le diversità religiose, i costumi e i valori regionali: un modello che venne seguito pari pari dall'Italia risorgimentale e post, fino ai nostri giorni, visto che ancora pochi decenni fa venivano combattute e represse le lingue locali storicamente radicate in isole estremamente minoritarie sparse per la penisola. Insomma, realizzavano Machiavelli e la sua visione della forza come mezzo assoluto per la realizzazione dello scopo.   Dall'altra parte dell'Atlantico, nasceva un sistema politico che affidava ad un centro federale poche, elementari competenze, Affari Esteri, Guerra e Finanze, con l'istituzione di un Tesoro Federale (affidato al grande Hamilton) a cui carico vennero posti i debiti pubblici contratti dai singoli Stati. Già in questo la Costituzione americana metteva in mora, sul piano della teoria istituzionale, l'architettura machiavelliana. Ma lo statuto del 1789 propugnava altri e più vasti principi. Nel combattere e ripudiare ogni unità totalizzante e distribuendo il potere tra centri diversi non omologabili tra loro e anzi in equilibrio perpetuamente instabile, assicurava ai cittadini la più ampia libertà di perseguire il proprio destino e persino l'obiettivo della propria “felicità” personale. E quella costituzione vige ancora oggi, se ne scorge la nitidissima filigrana nella competizione politica per l'elezione del Presidente federale, con i partiti divisi essenzialmente sul tema dei poteri del governo centrale rispetto ai valori degli Stati e dei singoli cittadini. Un conflitto serrato, che può consentire a figure estreme come la Palin di divenire bandiera istituzionale, non eversiva ma “legalitaria”. La Palin non è la Le Pen, per intenderci.   Molte volte abbiamo sentito le obiezioni degli antifederalisti europei, che respingono con orrore l'idea di uno “Stato Europeo”. L'ultima esternazione in tal senso è di Van Rompuy, Presidente del Consiglio Europeo. Sono obiezioni dettate da una povera o nulla riflessione storico-politica. Basterebbe che costoro ricordassero che al centro della federazione americana non c'è uno “Stato”, ma un “Governo”, il governo di “Stati”, ancora gelosi di non poche prerogative e poteri, anche in dialettica con il governo centrale. Questa dialettica garantisce, appunto, che a Washington non c'è uno “Stato” centralizzante e totalizzante. In Europa non lo si vuole capire. Eppure - ultima la Bonino - c'è chi si sforza di far capire che quel che occorre all'Europa - e le sarebbe sufficiente - è una “Federazione leggera” che assorba e spenda attorno al 5% del PIL europeo: risorse sostitutive e non aggiuntive rispetto alla spesa pubblica nazionale perché accompagnerebbero il trasferimento al centro federale di poche, essenziali funzioni di governo oggi svolte dagli Stati membri. Il modello americano, insomma. Assolutamente non temibile, rispettoso delle specificità nazionali, per chi ne coltivasse il culto: negli Stati Uniti, l'ispanico sta diventando lingua nazionale. Ma soprattutto – tengo a ricordarlo per gli spiriti religiosi –  quella Costituzione permeata insieme di deismo e di puritanesimo consente e richiede all'autorità pubblica di invocare Iddio a protezione delle faccende della nazione. E' una invocazione fatta propria da Presidenti di ogni chiesa, compresa la cattolica e, forse, persino, la mormone. In Europa, per secoli, abbiamo avuto la norma del “Cuius Regio, eius religio...”

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