F I L O S O F I A D E L P O R N O
Ci può
essere una filosofia della pornografia - del porno - come sostiene il
professor Simone Regazzoni? Per aver studiato lo scabroso tema,
addirittura in versione pop, Regazzoni ha pagato un pesante scotto,
perché è stato prontamente dismesso dall'Università Cattolica dove
insegnava. Se non in una filosofia, vorremo avventurarci in una
antropologia, pur sempre ambiziosa anche se questa scienza è ormai
in declino? Oppure gli dedicheremo una più modesta inchiesta
sociologica, che tanto non si nega a nessuno? Il rischio è sempre
lì, cadere in scontatissimi luoghi comuni, tipo la mercificazione o
la reificazione del corpo - impantananti categorie che non
significano forse nulla - magari solo per soddisfare i moralisti, una
genia sempre portata a fustigare, dimenticando che il fustigare è
una pratica del porno. Insomma, sarà possibile dare un'occhiata alla
pornografia, al porno, pregiudizialmente evitando le definizioni a
partire da quelle in negativo, ipocritamente doverose? Difficile,
difficilissima impresa. Martha C. Nussbaum ha recentemente
pubblicato un saggio, “From disgust to humanity” (nel 2011 in
versione italiana presso “Il Saggiatore”, con il titolo “Disgusto
e umanità”) dove analizza la “politica del disgusto” che suo
avviso accompagna sempre, nelle nostre società, l'omosessualità. Ma
via!: se vogliamo occuparci di “disgusto” dovremo convenire che
questa forma di repulsione bolla e respinge, molto più che
l'omosessualità, la pratica pornografica.
E
comunque, a denti stretti, dovremo però convenire che il porno ha
una lunga e probabilmente ininterrotta storia, tra l'erudito e il
feuilleton, quanto meno dai graffiti pompeiani alle odierne scritte
delle latrine ferroviarie. Il porno insomma è antico, forse si
tratta di una oscura e incontrollabile pulsione, sempre in agguato
nei meandri della psiche (ahimè, cercavo un punto di vista obiettivo
ed eccoci finiti negli abissi della patologie dell'inconscio). Le
tecnologie contemporanee ne hanno però dilatato a dismisura confini
e possessi: secondo una recente, affidabile ricerca, “le immagini
di sesso esplicito, per lungo tempo vendute e consumate in maniera
più o meno sotterranea e illegale, nel corso del decennio hanno
invaso gli schermi domestici. Dal 1988 al 2005 i titoli a luci rosse
negli Usa sono passati da circa 1200 a più di 13.500 l’ anno (la
Hollywood 'ufficiale' ne produce circa 400). Secondo i dati più
attendibili, nel 2006 erano attivi almeno 4 milioni di siti porno: il
12% di tutta la distribuzione online (oggi saranno molti di più,
visto che ne nascono circa 270 al giorno)”. Anche se ritengo si
debba fare distinzione tra sesso esplicito e porno - con conseguente
ridimensionamento delle cifre - l'occhio, che del porno è strumento
e fruitore non unico ma privilegiato, avrà di che sentirsi
soddisfatto.
In una succosa panoramica giornalistica, Emiliano
Morreale ci guida ai confini di un underground insospettato, ma che
sta venendo esplicitamente in superficie con suoi contenuti e
linguaggi, da poco saliti anche all'attenzione dei “cultural
studies” forse
sull'onda
della rivoluzione femminista. In Italia, a Gorizia, da
qualche anno si tengono convegni internazionali sul
tema (titoli tipo “Economies, Politics, Discoursivities of
Contemporary Pornographic Audiovisual”)
ed è da poco uscito un ponderoso volume,”Il
porno espanso. Dal cinema ai nuovi media”,
a cura di Enrico Biasin, Giovanna Maina e
Federico Zecca (edizioni Mimesis), séguito più o meno ideale di
“Pornosofia”,
il testo incriminato di Simone Regazzoni. Il libro di Biasin e
compagni, di cui si occupa Morreale, ricapitola lo sviluppo della
pornografia nel secolo scorso, dalla fase dei filmini mostrati nei
bordelli o spediti per posta all’esplosione con titoli come “Mona,
the Virgin Nymph” (1970) e il
celeberrimo “Gola
profonda” di Linda Lovelace (1972).
Negli anni Ottanta poi, quando le sale cinematografiche, anche a luci
rosse, cominciano a chiudere, l’avvento del video moltiplica la
produzione. I DVD sono sospinti dai “pornomani”, in quanto
rendono più comodo trovare in modo rapido scene specifiche del film.
Pare addirittura che questo segmento di pubblico sia stato
fondamentale per avviare la tv via cavo, i servizi telefonici a
pagamento o la banda larga. Sono dati da capogiro, ma penso abbiano
un fondamento di credibilità: davanti alla stazione Termini di Roma
ci sono file di bancarellari che vendono quasi solo DVD porno nuovi e
usati (“si fanno anche cambi”), migliaia di titoli più o meno
“hot” e “dark”.
Alla
fine, anche il DVD è divenuto obsoleto. Chiunque sia in possesso di
un modestissimo computer può comodamente intrattenersi in questo
genere di spettacolo, basta clicchi su un qualsiasi motore di ricerca
la parola “porno” e visionerà il più ampio campionario di
pratiche sessuali, un repertorio dove ogni fantasia, ogni
immaginazione viene superata dalla cliccata successiva. Una
proliferazione incredibile. “La vera mutazione però - continua il
recensore - è qualitativa, e non riguarda i singoli prodotti, ma la
struttura del sistema. Il cinema, la televisione, la moda hanno un
'doppio' osceno sotterraneo e rimosso, che sempre più viene a galla
al tempo di Internet”. Stando a Regazzoni, il porno è “la nuova
forma di totalitarismo”. Forse intendeva dire “globalizzazione”,
e se è vero che un ragazzino su tre riceve e invia messaggi erotici
via Internet, ci siamo vicini. Comunque, direi che Regazzoni ha più
ragione di James Hillman, per il quale la nostra epoca è
ossessionata dai piaceri della gola: ma
suvvia...
L'articolo-recensione che ha solleticato e acceso
(oddio!) la mia curiosità aveva però un “occhiello” sbagliato,
nel quale si parlava non di porno ma di eros: “Se l'eros viene
studiato”. Giro e rigiro i siti e alla fine, sollevato, concludo
che il porno non ha nulla, o assai poco a che fare con l'eros. Mi
pare che tra i due atteggiamenti vi sia un abisso. L'eros ha avuto
una quantità di interpreti, letterari o artistici, dal Platone dello
splendido “Simposio” al biblico “Cantico dei Cantici”, da
“Les liaison dangereuses” di Choderlos de Laclos a “Lolita”
di Nabokov (anche tenendo conto della sua complessità non riesco
invece a far entrare in classifica “Portnoy's Complaint” di
Philip Roth). Pur condannato dalla etica cristiana, eros ha dato
luogo a interpretazioni mistiche, molti hanno trovato un rapporto,
anche stretto, tra eros e misticismo. Alcuni aspetti della santità -
specialmente femminile - rinviano senz'altro a una problematica
erotica.
Ma il
porno ha una specificità sua, tra le tante che ruotano attorno al
sesso e alle sue pratiche? Se
il sesso è piacere e il piacere può essere sublimato nell'eros, il
porno non è piacere, ma solo immaginazione, immaginazione di un
piacere altrui, forse invidiato e che si cerca di riprodurre.
Artificialmente. La prima cosa che mi ha
colpito, in qualunque spettacolino porno, è l'atteggiamento
esibizionista dei partners. Con tutta evidenza i partecipanti (due o
anche più, come vedremo) si mettono in posa così che lo spettatore,
il “voyeur”, possa avere la vista più completa possibile
dell'atto in corso. Le posizioni sono standard, c'è una esperienza
condivisa di posture diciamo così ottimali per la loro capacità di
captare l'attenzione ed eccitare i sensi. Io ritengo che il porno
consista proprio in questa sua peculiare attenzione alla visibilità.
Il porno è insomma essenzialmente spettacolo, c'è per essere visto
ed è porno in quanto è visto. Intervistata da Regazzoni, una
attrice di film porno definisce i suoi film come “puro
esibizionismo”. Non tutto il sesso, e nemmeno il sesso estremo, è
necessariamente porno: non credo, ovviamente, non credo si debbano
classificare porno le statue dei templi indiani con visioni di
accoppiamenti nello stile Kamasutra. Penso che vi siano atti sessuali
complessi, vari e persino (ma uso il termine solo per comodità)
devianti che possono essere praticati anche in esclusiva, solo per
soddisfare propri sentimenti e desideri, perfino con una loro
riservatezza: questi atti meritano mille definizioni, ma non li
classificherei come porno.
Da
questa prima ed essenziale caratteristica - la spettacolarità,
diciamo così, teatrale - discende l'atteggiamento che i partners del
porno hanno nei confronti l'uno dell'altro. Mentre eros esige un
rapporto esclusivo, fino alla più gelosa passione (l'amante grida
“tu sei mia e solo mia!”), il porno comporta l'indifferenza tra
quanti vi sono coinvolti. L'attrice porno intervistata da Regazzoni è
esplicita: “I film porno non sono video amatoriali in cui (…) sei
libero di fare ciò che vuoi. Io devo essere sempre concentrata,
tenere conto delle luci, delle indicazioni del regista,
dell'espressione del mio volto, del modo in cui ansimo...”. Mentre
i due partners dell'eros vivono quei momenti in perfetta,
intollerante complicità - l'eros
è compiuta donazione di sé - il porno
può anche accettare la molteplicità dei partecipanti, tanto più
indifferenti ai sentimenti di ciascuno degli altri: come si fa ad
essere gelosi di un partner sessuale multiplo? E ancora: mentre
nell'eros l'intesa è spontanea in quanto fondata sui sentimenti, nel
porno vi è non una intesa ma un accordo contrattato, anche
attraverso estranei, mediatori, procacciatori, affittuari, ecc, tutto
un giro speciale, suppongo. L'incontro che si ha nel porno,
l'incontro che viene mimato nelle scenette preparatorie all'atto
sessuale, è falso, pura maniera, manierismo. E' tutto un deja vu,
con varianti forzate: quello che nell'eros è profondità di
partecipazione, qui è noia. L'eros
può anche essere maliconico e disperato, il porno deve essere sempre
“positivo”.
Perfino
il tempo è, nel porno, meccanizzato. Nell'eros il tempo il tempo è
scandito dai sentimenti, l'atto sessuale dovrebbe non finire mai, gli
amanti sentono come dolorosa perdita la fuga del tempo e vorrebbero
che il tempo si prolungasse all'infinito, nell'infinità del
desiderio che li brucia, nell'angoscia della fine temuta e
indesiderata - cosicché per loro si ha il miracolo che un minuto
possa avere la durata di un'ora e un'ora quella di un istante - nel
porno il tempo è quello misurato dall'orologio. Nel porno la durata
dell'atto è calcolata nel suo tempo reale, viene scrupolosamente
contrattata. Il porno non ammette l'attesa. Nel suo gioco sottile,
l'eros è anche nei preliminari, può rinviare, ritardare, rallentare
l'atto in sé. Addirittura la semplice ironica attesa
fa parte della sua imprendibile bellezza: mia
moglie era una fan di Frank Sinatra ma trovava erotica la voce di
Dean Martin; eros può prescindere dall'atto in sé, può essere
vivente nell'attesa e, ovviamente, nel
desiderio. Non
siamo, secondo Delauze e Guattari, “macchine desideranti”, flussi
di desideri?
Il
porno è invece tutto racchiuso nel suo compimento esplicito, semmai
ritualizzato
e ripetuto e soprattutto - ripeto -
visibile.
Ancora.
Eros dà piacere, c'è scambio di piacere, il porno è senza piacere:
essendo mera rappresentazione, il partner non guarda l'altro con
l'occhio del desiderio, della passione, del richiamo, perfino della
gratitudine; guarda verso la cinepresa, deve solamente esibire. Il
suo volto – ma lui non se ne rende conto, perché non se ne
interroga - non ha espressioni, semplicemente si atteggia, fa moine,
cercando di compiacere l'occhio del voyeur, per il quale viene
montata l'operazione. Tra l'altro in forme banali, senza fantasia. La
professionalità del porno è dilettantesca, comunque ignora - o
vuole ignorare - i principi stessi dell'eros.
Eros e
porno: ciascuna delle due pratiche sessuali ha una sua sfera
espressiva e significante. Regazzoni sostiene piuttosto che “i due
poli ideali della 'immaginazione pornografica' attuale sono la
declinazione glamour, con le sue Madonna e Lady Gaga, e il suo
opposto, la verosimiglianza bruta”. Anche il glamour, come la
verosimiglianza, appartiene alla tipologia dello spettacolo. Non è
casuale che la declinazione glamour prenda qui nome da due star
dell'universo del pop musicale, legato alla diffusione mediatica di
massa (io avrei inserito tra quei nomi anche quello di Elvis
Priesley, un grande “partner” del sesso spinto e porno, anche se
solo in forme allusive).
Anche
“Pornosofia” cita la Nussbaum, dà importanza alla sua
distinzione tra almeno sette significati di “oggettivizzazione”,
“sette modi di trattare una persona come una cosa”: così siamo
nell'ambito della fenomenologia, l'analisi delle “forme” neutre
in cui una prassi (una qualsiasi prassi) si manifesta: le forme
possono essere descritte evitando qualsiasi giudizio di valore. Ma
arriveremo a definire il porno come una “forma culturale” che
oggi arriva ad esprimersi “attraverso molteplici piattaforme
tecnologiche (cinema, televisione,
internet)”? Non c'è dubbio che attorno all'endiade eros-porno si
possono costruire splendidi esercizi di dialettica culturale, a
partire dalla famosa distinzione (forse democritea) tra il concetto
di alto, “Ανω”,
e basso, “Kατω”, con le coppie di significato valoriale,
etico, che sono attribuite ai due termini. Eros sarebbe sublimazione,
la forma “alta” del sesso, il porno la forma “bassa”, infima,
una perdizione legata all'abisso, che nella persona per bene può
suscitare persino - abbiamo visto - il disgusto. Non c'è persona per
bene che in pubblico non dichiari di aborrire il porno e quanto ad
esso si lega. Poi magari quella stessa persona perbene viene colta in
fallo su una via consolare o alla periferia della città ma, si sa,
l'inibizione sociale attorno alle faccende di sesso è molto forte.
Un qualsiasi ragazzino impara presto a mentire quando il confessore
gli chiede, “Ti tocchi? Quante volte?”
Cosa rende il porno
così indispensabile, anche a prescindere dalla sua attuale
diffusione tecnologica? Perché se pare indubbio che oggi il sesso
sia qualitativamente scaduto e banalizzato, il porno va forte se non
fortissimo. E allora le definizioni devono necessariamente
intervenire, soprattutto al negativo. La buttiamo lì, da
conformisti: forse il porno si sviluppa e si impone come
impossibilità di ottenere l'eros, come gratificazione della (nella)
solitudine dei sentimenti: l'attuale esplosione del fenomeno ci
rimanda alla solitudine dell'uomo massa. Questa solitudine può
provocare tic, manie, follie e perversioni. Di qui il porno. E non
casualmente, penso, a qualsiasi pubblico di fruitori sia destinato il
porno cortocircuita esperienze usuali, le ripete: di solito il porno
si svolge in un ambiente di tipo familiare, ben riconoscibile, quasi
sempre di basso livello, ed è accompagnato sovente dalla ripetizione
del brutto. Nel porno mi sembra infine ci sia sempre uno dei soggetti
sottomesso, tra i partner non c'è la parità che l'eros richiede,
addirittura la sottomissione viene esibita, rappresentata.
Violentare, sottomettere, è un piacere diffuso, ha origini ben note,
legate alla frustrazione. In Sade la sottomissione di uno dei due (la
donna) era una sfida, un gioco accettato e consenziente; nel porno
anche questa forma di consapevolezza è assente. Così il porno
mostra la donna “getting humiliated”, anche quando lei è la
figura dominante, inguainata nella pelle nera e col frustino sadomaso
in mano. Siamo nell'ambito del film “Psycho” di Hitchcock. La
donna suscita sempre un senso di inquietudine; nel porno, per
esorcizzarne la pericolosità viene degradata a puttana, anzi a
“troia”, “slut”. Non siamo nemmeno in un universo sadiano.
Sade era convinto e predicava una sorta di “religione”, una
“religione naturale” se non già naturista, vicina a Rousseau e
al mito del buon selvaggio: ”Liberiamoci delle falsità della
cultura e riscopriamo la nostra vera identità, la nostra natura”.
Che in quanto tale è o si proclama innocente, non ha colpa. Sade
sosteneva impeccabili percorsi logici e ideologici, nel porno non c'è
questa consapevolezza, i suoi partners non sanno nemmeno cosa stanno
facendo, il loro sesso è non innocente ma non consapevole, manca di
vissuto. Il porno è una voragine enorme, nella quale tutto può
scomparire e ricomparire.
L'erotismo
è desiderio: la pornografia è negazione di desiderio. La
pornografia tende all'uccisione del desiderio: deve negarlo, non lo
sopporta. L'erotismo non ha bisogno del "compimento"
dell'atto sessuale, ha bisogno della distanza dall'atto, si spegne
nel momento del compimento. Il compimento è altra cosa
dall'erotismo: è sesso. Quando il sesso non è disponibile, allora
interviene la pornografia. La pornografia come "indisponibilità"
del sesso, magari a causa della proibizione? La pornografia è
proibizione del sesso: l'erotismo non contempla, non comprende la
proibizione. Se la proibizione interviene, l'erotismo la utilizza
come parte del suo gioco. L'erotismo è dunque una partecipazione
aristocratica: l'aristocratico vive, sociologicamente,
nell'infrazione, o meglio nella inosservanza (a lui dovuta) della
proibizione:l'aristocrazia vive ultra legem. E' il plebeo che vive
dentro l'inspiegabilità della proibizione, deve superarla ma può
farlo solo con la violenza, la negazione, lo strappo della
proibizione. Nella pornografia c'è sempre qualcosa del plebeo che,
nel negare l'ordine, la proibizione, deve farle violenza, in qualche
modo degradarla, insultarla, infamarla: così, la pornografia giunge
anche a violentare, a infamare il sesso, a dileggiarlo: cosa che
l'erotismo non fa mai. La pornografia è antisessuale, è una
minaccia che pende sul sesso.
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