martedì 19 giugno 2012



F I L O S O F I A  D E L  P O R N O


Ci può essere una filosofia della pornografia - del porno - come sostiene il professor Simone Regazzoni? Per aver studiato lo scabroso tema, addirittura in versione pop, Regazzoni ha pagato un pesante scotto, perché è stato prontamente dismesso dall'Università Cattolica dove insegnava. Se non in una filosofia, vorremo avventurarci in una antropologia, pur sempre ambiziosa anche se questa scienza è ormai in declino? Oppure gli dedicheremo una più modesta inchiesta sociologica, che tanto non si nega a nessuno? Il rischio è sempre lì, cadere in scontatissimi luoghi comuni, tipo la mercificazione o la reificazione del corpo - impantananti categorie che non significano forse nulla - magari solo per soddisfare i moralisti, una genia sempre portata a fustigare, dimenticando che il fustigare è una pratica del porno. Insomma, sarà possibile dare un'occhiata alla pornografia, al porno, pregiudizialmente evitando le definizioni a partire da quelle in negativo, ipocritamente doverose? Difficile, difficilissima impresa. Martha C. Nussbaum ha recentemente pubblicato un saggio, “From disgust to humanity” (nel 2011 in versione italiana presso “Il Saggiatore”, con il titolo “Disgusto e umanità”) dove analizza la “politica del disgusto” che suo avviso accompagna sempre, nelle nostre società, l'omosessualità. Ma via!: se vogliamo occuparci di “disgusto” dovremo convenire che questa forma di repulsione bolla e respinge, molto più che l'omosessualità, la pratica pornografica.

E comunque, a denti stretti, dovremo però convenire che il porno ha una lunga e probabilmente ininterrotta storia, tra l'erudito e il feuilleton, quanto meno dai graffiti pompeiani alle odierne scritte delle latrine ferroviarie. Il porno insomma è antico, forse si tratta di una oscura e incontrollabile pulsione, sempre in agguato nei meandri della psiche (ahimè, cercavo un punto di vista obiettivo ed eccoci finiti negli abissi della patologie dell'inconscio). Le tecnologie contemporanee ne hanno però dilatato a dismisura confini e possessi: secondo una recente, affidabile ricerca, “le immagini di sesso esplicito, per lungo tempo vendute e consumate in maniera più o meno sotterranea e illegale, nel corso del decennio hanno invaso gli schermi domestici. Dal 1988 al 2005 i titoli a luci rosse negli Usa sono passati da circa 1200 a più di 13.500 l’ anno (la Hollywood 'ufficiale' ne produce circa 400). Secondo i dati più attendibili, nel 2006 erano attivi almeno 4 milioni di siti porno: il 12% di tutta la distribuzione online (oggi saranno molti di più, visto che ne nascono circa 270 al giorno)”. Anche se ritengo si debba fare distinzione tra sesso esplicito e porno - con conseguente ridimensionamento delle cifre - l'occhio, che del porno è strumento e fruitore non unico ma privilegiato, avrà di che sentirsi soddisfatto.

In una succosa panoramica giornalistica, Emiliano Morreale ci guida ai confini di un underground insospettato, ma che sta venendo esplicitamente in superficie con suoi contenuti e linguaggi, da poco saliti anche all'attenzione dei “cultural studiesforse sull'onda della rivoluzione femminista. In Italia, a Gorizia, da qualche anno si tengono convegni internazionali sul tema (titoli tipo “Economies, Politics, Discoursivities of Contemporary Pornographic Audiovisual”) ed è da poco uscito un ponderoso volume,”Il porno espanso. Dal cinema ai nuovi media”, a cura di Enrico Biasin, Giovanna Maina e Federico Zecca (edizioni Mimesis), séguito più o meno ideale di “Pornosofia”, il testo incriminato di Simone Regazzoni. Il libro di Biasin e compagni, di cui si occupa Morreale, ricapitola lo sviluppo della pornografia nel secolo scorso, dalla fase dei filmini mostrati nei bordelli o spediti per posta all’esplosione con titoli come “Mona, the Virgin Nymph” (1970) e il celeberrimo “Gola profonda” di Linda Lovelace (1972). Negli anni Ottanta poi, quando le sale cinematografiche, anche a luci rosse, cominciano a chiudere, l’avvento del video moltiplica la produzione. I DVD sono sospinti dai “pornomani”, in quanto rendono più comodo trovare in modo rapido scene specifiche del film. Pare addirittura che questo segmento di pubblico sia stato fondamentale per avviare la tv via cavo, i servizi telefonici a pagamento o la banda larga. Sono dati da capogiro, ma penso abbiano un fondamento di credibilità: davanti alla stazione Termini di Roma ci sono file di bancarellari che vendono quasi solo DVD porno nuovi e usati (“si fanno anche cambi”), migliaia di titoli più o meno “hot” e “dark”.

Alla fine, anche il DVD è divenuto obsoleto. Chiunque sia in possesso di un modestissimo computer può comodamente intrattenersi in questo genere di spettacolo, basta clicchi su un qualsiasi motore di ricerca la parola “porno” e visionerà il più ampio campionario di pratiche sessuali, un repertorio dove ogni fantasia, ogni immaginazione viene superata dalla cliccata successiva. Una proliferazione incredibile. “La vera mutazione però - continua il recensore - è qualitativa, e non riguarda i singoli prodotti, ma la struttura del sistema. Il cinema, la televisione, la moda hanno un 'doppio' osceno sotterraneo e rimosso, che sempre più viene a galla al tempo di Internet”. Stando a Regazzoni, il porno è “la nuova forma di totalitarismo”. Forse intendeva dire “globalizzazione”, e se è vero che un ragazzino su tre riceve e invia messaggi erotici via Internet, ci siamo vicini. Comunque, direi che Regazzoni ha più ragione di James Hillman, per il quale la nostra epoca è ossessionata dai piaceri della gola: ma suvvia...

L'articolo-recensione che ha solleticato e acceso (oddio!) la mia curiosità aveva però un “occhiello” sbagliato, nel quale si parlava non di porno ma di eros: “Se l'eros viene studiato”. Giro e rigiro i siti e alla fine, sollevato, concludo che il porno non ha nulla, o assai poco a che fare con l'eros. Mi pare che tra i due atteggiamenti vi sia un abisso. L'eros ha avuto una quantità di interpreti, letterari o artistici, dal Platone dello splendido “Simposio” al biblico “Cantico dei Cantici”, da “Les liaison dangereuses” di Choderlos de Laclos a “Lolita” di Nabokov (anche tenendo conto della sua complessità non riesco invece a far entrare in classifica “Portnoy's Complaint” di Philip Roth). Pur condannato dalla etica cristiana, eros ha dato luogo a interpretazioni mistiche, molti hanno trovato un rapporto, anche stretto, tra eros e misticismo. Alcuni aspetti della santità - specialmente femminile - rinviano senz'altro a una problematica erotica.

Ma il porno ha una specificità sua, tra le tante che ruotano attorno al sesso e alle sue pratiche? Se il sesso è piacere e il piacere può essere sublimato nell'eros, il porno non è piacere, ma solo immaginazione, immaginazione di un piacere altrui, forse invidiato e che si cerca di riprodurre. Artificialmente. La prima cosa che mi ha colpito, in qualunque spettacolino porno, è l'atteggiamento esibizionista dei partners. Con tutta evidenza i partecipanti (due o anche più, come vedremo) si mettono in posa così che lo spettatore, il “voyeur”, possa avere la vista più completa possibile dell'atto in corso. Le posizioni sono standard, c'è una esperienza condivisa di posture diciamo così ottimali per la loro capacità di captare l'attenzione ed eccitare i sensi. Io ritengo che il porno consista proprio in questa sua peculiare attenzione alla visibilità. Il porno è insomma essenzialmente spettacolo, c'è per essere visto ed è porno in quanto è visto. Intervistata da Regazzoni, una attrice di film porno definisce i suoi film come “puro esibizionismo”. Non tutto il sesso, e nemmeno il sesso estremo, è necessariamente porno: non credo, ovviamente, non credo si debbano classificare porno le statue dei templi indiani con visioni di accoppiamenti nello stile Kamasutra. Penso che vi siano atti sessuali complessi, vari e persino (ma uso il termine solo per comodità) devianti che possono essere praticati anche in esclusiva, solo per soddisfare propri sentimenti e desideri, perfino con una loro riservatezza: questi atti meritano mille definizioni, ma non li classificherei come porno.

Da questa prima ed essenziale caratteristica - la spettacolarità, diciamo così, teatrale - discende l'atteggiamento che i partners del porno hanno nei confronti l'uno dell'altro. Mentre eros esige un rapporto esclusivo, fino alla più gelosa passione (l'amante grida “tu sei mia e solo mia!”), il porno comporta l'indifferenza tra quanti vi sono coinvolti. L'attrice porno intervistata da Regazzoni è esplicita: “I film porno non sono video amatoriali in cui (…) sei libero di fare ciò che vuoi. Io devo essere sempre concentrata, tenere conto delle luci, delle indicazioni del regista, dell'espressione del mio volto, del modo in cui ansimo...”. Mentre i due partners dell'eros vivono quei momenti in perfetta, intollerante complicità - l'eros è compiuta donazione di sé - il porno può anche accettare la molteplicità dei partecipanti, tanto più indifferenti ai sentimenti di ciascuno degli altri: come si fa ad essere gelosi di un partner sessuale multiplo? E ancora: mentre nell'eros l'intesa è spontanea in quanto fondata sui sentimenti, nel porno vi è non una intesa ma un accordo contrattato, anche attraverso estranei, mediatori, procacciatori, affittuari, ecc, tutto un giro speciale, suppongo. L'incontro che si ha nel porno, l'incontro che viene mimato nelle scenette preparatorie all'atto sessuale, è falso, pura maniera, manierismo. E' tutto un deja vu, con varianti forzate: quello che nell'eros è profondità di partecipazione, qui è noia. L'eros può anche essere maliconico e disperato, il porno deve essere sempre “positivo”.

Perfino il tempo è, nel porno, meccanizzato. Nell'eros il tempo il tempo è scandito dai sentimenti, l'atto sessuale dovrebbe non finire mai, gli amanti sentono come dolorosa perdita la fuga del tempo e vorrebbero che il tempo si prolungasse all'infinito, nell'infinità del desiderio che li brucia, nell'angoscia della fine temuta e indesiderata - cosicché per loro si ha il miracolo che un minuto possa avere la durata di un'ora e un'ora quella di un istante - nel porno il tempo è quello misurato dall'orologio. Nel porno la durata dell'atto è calcolata nel suo tempo reale, viene scrupolosamente contrattata. Il porno non ammette l'attesa. Nel suo gioco sottile, l'eros è anche nei preliminari, può rinviare, ritardare, rallentare l'atto in sé. Addirittura la semplice ironica attesa fa parte della sua imprendibile bellezza: mia moglie era una fan di Frank Sinatra ma trovava erotica la voce di Dean Martin; eros può prescindere dall'atto in sé, può essere vivente nell'attesa e, ovviamente, nel desiderio.  Non siamo, secondo Delauze e Guattari, “macchine desideranti”, flussi di desideri? Il porno è invece tutto racchiuso nel suo compimento esplicito, semmai ritualizzato e ripetuto e soprattutto - ripeto - visibile.

Ancora. Eros dà piacere, c'è scambio di piacere, il porno è senza piacere: essendo mera rappresentazione, il partner non guarda l'altro con l'occhio del desiderio, della passione, del richiamo, perfino della gratitudine; guarda verso la cinepresa, deve solamente esibire. Il suo volto – ma lui non se ne rende conto, perché non se ne interroga - non ha espressioni, semplicemente si atteggia, fa moine, cercando di compiacere l'occhio del voyeur, per il quale viene montata l'operazione. Tra l'altro in forme banali, senza fantasia. La professionalità del porno è dilettantesca, comunque ignora - o vuole ignorare - i principi stessi dell'eros.

Eros e porno: ciascuna delle due pratiche sessuali ha una sua sfera espressiva e significante. Regazzoni sostiene piuttosto che “i due poli ideali della 'immaginazione pornografica' attuale sono la declinazione glamour, con le sue Madonna e Lady Gaga, e il suo opposto, la verosimiglianza bruta”. Anche il glamour, come la verosimiglianza, appartiene alla tipologia dello spettacolo. Non è casuale che la declinazione glamour prenda qui nome da due star dell'universo del pop musicale, legato alla diffusione mediatica di massa (io avrei inserito tra quei nomi anche quello di Elvis Priesley, un grande “partner” del sesso spinto e porno, anche se solo in forme allusive).

Anche “Pornosofia” cita la Nussbaum, dà importanza alla sua distinzione tra almeno sette significati di “oggettivizzazione”, “sette modi di trattare una persona come una cosa”: così siamo nell'ambito della fenomenologia, l'analisi delle “forme” neutre in cui una prassi (una qualsiasi prassi) si manifesta: le forme possono essere descritte evitando qualsiasi giudizio di valore. Ma arriveremo a definire il porno come una “forma culturale” che oggi arriva ad esprimersi “attraverso molteplici piattaforme tecnologiche (cinema, televisione, internet)”? Non c'è dubbio che attorno all'endiade eros-porno si possono costruire splendidi esercizi di dialettica culturale, a partire dalla famosa distinzione (forse democritea) tra il concetto di alto, “Ανω”, e basso, “Kατω”, con le coppie di significato valoriale, etico, che sono attribuite ai due termini. Eros sarebbe sublimazione, la forma “alta” del sesso, il porno la forma “bassa”, infima, una perdizione legata all'abisso, che nella persona per bene può suscitare persino - abbiamo visto - il disgusto. Non c'è persona per bene che in pubblico non dichiari di aborrire il porno e quanto ad esso si lega. Poi magari quella stessa persona perbene viene colta in fallo su una via consolare o alla periferia della città ma, si sa, l'inibizione sociale attorno alle faccende di sesso è molto forte. Un qualsiasi ragazzino impara presto a mentire quando il confessore gli chiede, “Ti tocchi? Quante volte?”

Cosa rende il porno così indispensabile, anche a prescindere dalla sua attuale diffusione tecnologica? Perché se pare indubbio che oggi il sesso sia qualitativamente scaduto e banalizzato, il porno va forte se non fortissimo. E allora le definizioni devono necessariamente intervenire, soprattutto al negativo. La buttiamo lì, da conformisti: forse il porno si sviluppa e si impone come impossibilità di ottenere l'eros, come gratificazione della (nella) solitudine dei sentimenti: l'attuale esplosione del fenomeno ci rimanda alla solitudine dell'uomo massa. Questa solitudine può provocare tic, manie, follie e perversioni. Di qui il porno. E non casualmente, penso, a qualsiasi pubblico di fruitori sia destinato il porno cortocircuita esperienze usuali, le ripete: di solito il porno si svolge in un ambiente di tipo familiare, ben riconoscibile, quasi sempre di basso livello, ed è accompagnato sovente dalla ripetizione del brutto. Nel porno mi sembra infine ci sia sempre uno dei soggetti sottomesso, tra i partner non c'è la parità che l'eros richiede, addirittura la sottomissione viene esibita, rappresentata. Violentare, sottomettere, è un piacere diffuso, ha origini ben note, legate alla frustrazione. In Sade la sottomissione di uno dei due (la donna) era una sfida, un gioco accettato e consenziente; nel porno anche questa forma di consapevolezza è assente. Così il porno mostra la donna “getting humiliated”, anche quando lei è la figura dominante, inguainata nella pelle nera e col frustino sadomaso in mano. Siamo nell'ambito del film “Psycho” di Hitchcock. La donna suscita sempre un senso di inquietudine; nel porno, per esorcizzarne la pericolosità viene degradata a puttana, anzi a “troia”, “slut”. Non siamo nemmeno in un universo sadiano. Sade era convinto e predicava una sorta di “religione”, una “religione naturale” se non già naturista, vicina a Rousseau e al mito del buon selvaggio: ”Liberiamoci delle falsità della cultura e riscopriamo la nostra vera identità, la nostra natura”. Che in quanto tale è o si proclama innocente, non ha colpa. Sade sosteneva impeccabili percorsi logici e ideologici, nel porno non c'è questa consapevolezza, i suoi partners non sanno nemmeno cosa stanno facendo, il loro sesso è non innocente ma non consapevole, manca di vissuto. Il porno è una voragine enorme, nella quale tutto può scomparire e ricomparire.

L'erotismo è desiderio: la pornografia è negazione di desiderio. La pornografia tende all'uccisione del desiderio: deve negarlo, non lo sopporta. L'erotismo non ha bisogno del "compimento" dell'atto sessuale, ha bisogno della distanza dall'atto, si spegne nel momento del compimento. Il compimento è altra cosa dall'erotismo: è sesso. Quando il sesso non è disponibile, allora interviene la pornografia. La pornografia come "indisponibilità" del sesso, magari a causa della proibizione? La pornografia è proibizione del sesso: l'erotismo non contempla, non comprende la proibizione. Se la proibizione interviene, l'erotismo la utilizza come parte del suo gioco. L'erotismo è dunque una partecipazione aristocratica: l'aristocratico vive, sociologicamente, nell'infrazione, o meglio nella inosservanza (a lui dovuta) della proibizione:l'aristocrazia vive ultra legem. E' il plebeo che vive dentro l'inspiegabilità della proibizione, deve superarla ma può farlo solo con la violenza, la negazione, lo strappo della proibizione. Nella pornografia c'è sempre qualcosa del plebeo che, nel negare l'ordine, la proibizione, deve farle violenza, in qualche modo degradarla, insultarla, infamarla: così, la pornografia giunge anche a violentare, a infamare il sesso, a dileggiarlo: cosa che l'erotismo non fa mai. La pornografia è antisessuale, è una minaccia che pende sul sesso.

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