I
CATTOLICI, TRA L'ETERNITA' E IL QUOTIDIANO (*)
di
Angiolo Bandinelli
Il
Sinodo che si è svolto in Vaticano con la partecipazione di
duecentocinquanta vescovi, ma anche di teologi e invitati a vario
titolo, si è concluso in - e tra - un ovattato silenzio. Il papa, in
chiusura, ha indicato come suo risultato di fondo l'acquisita
consapevolezza che la chiesa debba innanzitutto “rinnovare se
stessa”; ma, dai sommari delle “indicazioni” sinodali finora
divulgati, non sembra che esso porterà novità rilevanti. Aperture
pur attese non si sono realizzate. I divorziati, a favore dei quali
nel Sinodo si era levata qualche voce, non dovrebbero vedere
cambiamenti nel loro status: non saranno più giudicati (solo?) come
peccatori e verranno ammessi alla pratica comunitaria della carità
attiva, ma niente accesso ai sacramenti: come dire che per loro è
rimasto aperto quel Limbo che la teologia (dopo il Concilio Vaticano
II?) aveva espunto dalla topografia ecclesiale.
Forse
le aspettative erano troppe, o forse da bravi laici non riusciamo ad
interpretare quel che avviene sotto la cupola michelangiolesca. Mi è
capitato sotto gli occhi un solo intervento di un certo peso, quello
di Eugenio Scalfari. Mi è parso interessante, magari per le ragioni
per le quali il “Foglio” lo ha criticato: vale a dire la sua
pretesa - il “Foglio” è stato persino sarcastico - “di fare
il punto da par suo sull'oggi della chiesa nel mondo” sciorinando
tutti i temi della critica illuminista-laico-protestante. Non è
affar mio difendere la Chiesa, ma mi guardo bene dal seguire
quell'andazzo. Prendo la Chiesa romana per quello che è e si è
fatta in una storia comunque grandiosa, di cui sono impastati
l'occidente e l'Europa. Scalfari deplora che dal Concilio di Trento
al Vaticano I siano passati “quasi trecent'anni”, marcati da un
autoritarismo romanocentrico con il potere assoluto, rafforzato
peraltro anche dal Vaticano I, in mano al papa e alla Curia (anche se
con la raffinata ma spesso dimenticata distinzione tra il Papa che
parla “ex cathedra” e il papa che si pronuncia con altri, terreni
strumenti). Io, semmai, osserverei che, se così è stato, il
Concilio di Trento fu un evento formidabile, capace di tracciare un
percorso sostanzialmente adeguato a sostenere una prospettiva di
secoli (all'epoca, magari, io sarei stato un fuggiasco seguace non
tanto di Calvino quanto di Soncini, ma questo è altro discorso). Non
si comprende la Chiesa di Roma se non si afferra il senso del suo
rapporto con il potere, un rapporto che nasce con la rivoluzione
costantiniana e si costruisce nella necessità storica di riempire il
vuoto creatosi in Occidente con il crollo dell'Impero. La richiesta
di separazione della Chiesa dal potere nasce, mi pare, con la
riforma luterana, che affiderà al potere laicizzato la gestione
degli affari pubblici e mondani. Da quell'epoca nasce la teoria della
distinzione tra “religiosità” (buona) e “chiesa” (cattiva)
su cui si affannano da sempre gli anticattolici e oggi Scalfari.
Da
laico, anche io cerco di pormi il problema del rapporto con il mondo
cattolico. Ma credo che il modo da seguire sia quello del ricercarlo
tra me come singolo e il cattolico come singolo. Per il resto,
ritengo sia necessario il continuo confronto nelle sedi
istituzionali, siano il parlamento o il governo: lo Stato italiano
avrà rapporti con il Vaticano (e come potrebbe essere altrimenti?),
ma le sue classi dirigenti e politiche dovranno liberamente (e
istituzionalmente) fronteggiare le posizioni che Vaticano (o Chiesa)
via via assumeranno. Per dire, non approvo quanto è accaduto in
parlamento dove recentemente il dibattito sul divorzio breve è stato
rinviato sine die, ma qui il mio dissenso - e anzi scontro - è non
con il Vaticano, o la Chiesa, ma con la classe politica, con i
parlamentari che, per ragioni che a me non interessano, hanno privato
il paese di una discussione necessaria e urgente.
Postilla.
A me può anche interessare, e molto, la vicenda del laicato
cattolico. Vedo che i
i
cattolici, o almeno un loro segmento, si sono messi in moto “verso
la terza Repubblica”. Difficile sia una migrazione biblica. Un
convegno sotto l'insegna di “Todi 2” aveva, giorni fa,
ridimensionato certe aspettative nate con l'assemblea “Todi 1”,
dove si era parlato di dar vita a un nuovo partito cattolico, o
fortemente marcato dai valori cattolici. I cattolici che si muovono
verso la “Terza Repubblica” (nome infausto, ricorda la
“Troisième” francese, laicista quanto si poteva esserlo nel bel
mezzo dell'età del progresso positivista) hanno fuso le loro acque
con quelle di altri movimenti, associazioni e personalità di
ispirazione laica. Ma siamo ben lontani da quella “terza forza”
che venne perseguita alla fine degli anni cinquanta, se non sbaglio.
Quelli volevano la “terza forza” per scontrarsi con le due non
laiche ideologie dominanti, la comunista e la cattolica. Pensavano di
rivitalizzare una grande tradizione, ne erano gli ultimi epigoni.
Fallirono, come è noto.
*
da “Il Foglio”
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