giovedì 1 novembre 2012



I CATTOLICI, TRA L'ETERNITA' E IL QUOTIDIANO (*)
di Angiolo Bandinelli

Il Sinodo che si è svolto in Vaticano con la partecipazione di duecentocinquanta vescovi, ma anche di teologi e invitati a vario titolo, si è concluso in - e tra - un ovattato silenzio. Il papa, in chiusura, ha indicato come suo risultato di fondo l'acquisita consapevolezza che la chiesa debba innanzitutto “rinnovare se stessa”; ma, dai sommari delle “indicazioni” sinodali finora divulgati, non sembra che esso porterà novità rilevanti. Aperture pur attese non si sono realizzate. I divorziati, a favore dei quali nel Sinodo si era levata qualche voce, non dovrebbero vedere cambiamenti nel loro status: non saranno più giudicati (solo?) come peccatori e verranno ammessi alla pratica comunitaria della carità attiva, ma niente accesso ai sacramenti: come dire che per loro è rimasto aperto quel Limbo che la teologia (dopo il Concilio Vaticano II?) aveva espunto dalla topografia ecclesiale.
Forse le aspettative erano troppe, o forse da bravi laici non riusciamo ad interpretare quel che avviene sotto la cupola michelangiolesca. Mi è capitato sotto gli occhi un solo intervento di un certo peso, quello di Eugenio Scalfari. Mi è parso interessante, magari per le ragioni per le quali il “Foglio” lo ha criticato: vale a dire la sua pretesa - il “Foglio” è stato persino sarcastico - “di fare il punto da par suo sull'oggi della chiesa nel mondo” sciorinando tutti i temi della critica illuminista-laico-protestante. Non è affar mio difendere la Chiesa, ma mi guardo bene dal seguire quell'andazzo. Prendo la Chiesa romana per quello che è e si è fatta in una storia comunque grandiosa, di cui sono impastati l'occidente e l'Europa. Scalfari deplora che dal Concilio di Trento al Vaticano I siano passati “quasi trecent'anni”, marcati da un autoritarismo romanocentrico con il potere assoluto, rafforzato peraltro anche dal Vaticano I, in mano al papa e alla Curia (anche se con la raffinata ma spesso dimenticata distinzione tra il Papa che parla “ex cathedra” e il papa che si pronuncia con altri, terreni strumenti). Io, semmai, osserverei che, se così è stato, il Concilio di Trento fu un evento formidabile, capace di tracciare un percorso sostanzialmente adeguato a sostenere una prospettiva di secoli (all'epoca, magari, io sarei stato un fuggiasco seguace non tanto di Calvino quanto di Soncini, ma questo è altro discorso). Non si comprende la Chiesa di Roma se non si afferra il senso del suo rapporto con il potere, un rapporto che nasce con la rivoluzione costantiniana e si costruisce nella necessità storica di riempire il vuoto creatosi in Occidente con il crollo dell'Impero. La richiesta di separazione della Chiesa dal potere nasce, mi pare, con la riforma luterana, che affiderà al potere laicizzato la gestione degli affari pubblici e mondani. Da quell'epoca nasce la teoria della distinzione tra “religiosità” (buona) e “chiesa” (cattiva) su cui si affannano da sempre gli anticattolici e oggi Scalfari.

Da laico, anche io cerco di pormi il problema del rapporto con il mondo cattolico. Ma credo che il modo da seguire sia quello del ricercarlo tra me come singolo e il cattolico come singolo. Per il resto, ritengo sia necessario il continuo confronto nelle sedi istituzionali, siano il parlamento o il governo: lo Stato italiano avrà rapporti con il Vaticano (e come potrebbe essere altrimenti?), ma le sue classi dirigenti e politiche dovranno liberamente (e istituzionalmente) fronteggiare le posizioni che Vaticano (o Chiesa) via via assumeranno. Per dire, non approvo quanto è accaduto in parlamento dove recentemente il dibattito sul divorzio breve è stato rinviato sine die, ma qui il mio dissenso - e anzi scontro - è non con il Vaticano, o la Chiesa, ma con la classe politica, con i parlamentari che, per ragioni che a me non interessano, hanno privato il paese di una discussione necessaria e urgente.

Postilla. A me può anche interessare, e molto, la vicenda del laicato cattolico. Vedo che i
i cattolici, o almeno un loro segmento, si sono messi in moto “verso la terza Repubblica”. Difficile sia una migrazione biblica. Un convegno sotto l'insegna di “Todi 2” aveva, giorni fa, ridimensionato certe aspettative nate con l'assemblea “Todi 1”, dove si era parlato di dar vita a un nuovo partito cattolico, o fortemente marcato dai valori cattolici. I cattolici che si muovono verso la “Terza Repubblica” (nome infausto, ricorda la “Troisième” francese, laicista quanto si poteva esserlo nel bel mezzo dell'età del progresso positivista) hanno fuso le loro acque con quelle di altri movimenti, associazioni e personalità di ispirazione laica. Ma siamo ben lontani da quella “terza forza” che venne perseguita alla fine degli anni cinquanta, se non sbaglio. Quelli volevano la “terza forza” per scontrarsi con le due non laiche ideologie dominanti, la comunista e la cattolica. Pensavano di rivitalizzare una grande tradizione, ne erano gli ultimi epigoni. Fallirono, come è noto.

* da “Il Foglio”

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